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mercoledì 9 ottobre 2013

Aumentano i danni a colture: cinghiali, cervi e daini invadono vigneti, orti e castagneti. A Serravalle Pistoiese una azienda perde il 90% dell'uva. Coldiretti: "E' possibile cambiare rotta. Occorrono strategie coraggiose, buonsenso e competenza".


PISTOIA. Da nord a sud, da est a ovest. In tutta la provincia di Pistoia gli ungulati purtroppo si 'danno da fare' ogni notte e in ogni luogo. Cinghiali, in primis, cervi e daini arrecano danni a colture stagionali e alberi. Vigne, uliveti, castagneti e orti ne risentono. 
Il patrimonio faunistico è una risorsa e invece fa sempre più rima con problema irrisolto, a Pistoia e in tutta la Toscana. Con delle contraddizioni importanti. “È però possibile cambiare rotta -dichiara Giuseppe Corsini, vice presidente di Coldiretti Pistoia- basta mettere a punto strategie coraggiose e basate su buonsenso e competenza. Come avviene, per esempio, in Alto-Adige”.
Le segnalazioni che arrivano a Coldiretti si susseguono. Gli ungulati nelle colline della Valdinievole si danno da fare ogni notte e in ogni luogo. Le aziende agricole di Svizzera Pesciatina, delle colline di Uzzano e Buggiano, del Padule (zona di Ponte Buggianese) sono tutte bersagli dei cinghiali.
Le colture che subiscono gli attacchi sono in special modo i campi di ortaggi, gli alberi da frutto, i campi di patate e di mais e, novità di quest’anno, le viti nel periodo di agosto, recando danno non solo al mancato raccolto dell’uva, ma anche ai filari che vengono danneggiati a causa del passaggio di un elevato numero di ungulati. 
 
A Serravalle Pistoiese un'azienda ha segnalato la perdita del 90% dell'uva, a causa delle ripetute incursioni dei caprioli.
In Montagna, da Marliana a Sambuca, passando per Cutigliano e San Marcello, i danni sono all’ordine del giorno. I cinghiali danneggiano anche i castagneti, già duramente colpiti dal cinipide.
Gli ungulati rompono il cotico erboso del terreno, compromettendo ulteriormente la raccolta delle castagne. E in montagna aumentano gli avvistamenti di lupi che creano problemi agli allevamenti.
Le misure adottate finora si sono rivelate palliativi, se non controproducenti. “Non è solo questione di eccesso di cinghiali e cervi -spiega Corsini-. Per esempio, in Alto Adige c'è un numero altissimo di cervi, ma non creano proporzionalmente i danni che subiscono chi fa attività agricola o allevamento a Pistoia e in Toscana. Un sistema ben gestito permette di regolare la numerosità della selvaggina, favorendo l'insediamento nelle zone opportune. È questo il problema principale da risolvere, cervi e altri ungulati stanno dove non dovrebbero stare”.
Uno dei motivi è l'eccesso o la carenza di foraggiamento agli ungulati. “Dare da mangiare ai cinghiali, che si riproducono due volte all'anno è sbagliato, come è sbagliato non foraggiare i cervi in altura -prosegue Corsini-, per evitare che si spingano a valle alla ricerca di cibo, passeggiando in prossimità dei paesi, con rischi per la sicurezza stradale, per i muretti a secco dei terrazzamenti e le colture”.
 Nonostante i tanti cinghiali in circolazione e le tradizioni gastronomiche locali, è difficile trovare selvaggina autoctona per il consumo. “Il paradosso -spiega Corsini- è che importiamo carne di cinghiale dall'Ungheria. È invece possibile, utilizzando in modo appropriato il patrimonio faunistico, conciliare ragioni economiche e naturalistiche, la passione per la caccia e la biodiversità, il turismo venatorio-gastronomico con l'agricoltura”.


Fonte: Ufficio Stampa-Coldiretti Pistoia

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