sabato 28 novembre 2009
Crocifisso nelle scuole pubbliche: approvata dal consiglio comunale la mozione Udc
QUARRATA_ Con 13 voti a favore, tre contrari (Sauleo, Musumeci, Pratesi) e due astenuti (Migliorini e Galigani)è stata approvata dal consiglio comunale di Quarrata la mozione presentata dal Gruppo Udc in merito alla sentenza della Corte per i diritti dell’uomo sulla presenza del segno del crocifisso nelle scuole pubbliche. In base alla mozione – illustrata da Alessandro Cialdi – il consiglio comunale di Quarrata chiederà al Governo di “fare ricorso contro la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo affinchè sia consentito il mantenimento del crocifisso nei luoghi pubblici, rappresentando esso come indicò il Consiglio di Stato uno dei valori laici della Costituzione Italiana e un valore della vita civile”. Durante il dibattito sono intervenuti oltre a Cialdi, i consiglieri Bianchi (An), Pratesi (CittàPerTe), Musumeci (La Sinistra), Romiti (Pd), il sindaco Gori, l’assessore alla Pubblica Istruzione Milaneschi, Niccolai (Fi-Pdl) e Sauleo (in qualità di consigliere comunale). “Come principio – ha ribadito Gabriele Romiti (Pd) – la decisione per l’autonomia di mettere i crocifissi deve essere lasciata alle singole istituzioni e non deve essere oggetto né di una sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo – che si deve occupare d’altro – né oggetto di specifiche leggi dello Stato. Quindi non siamo per l’imposizione ma per l’autonomia delle Istituzioni”. Di parere diverso Gabriele Pratesi (CittàPerTe) intervenuto a titolo personale. “In una scuola pubblica, in uno stato laico – ha detto – forse è meglio che non ci siano simboli religiosi appesi al muro”. “Anche la scelta di avere un simbolo religioso in una istituzione pubblica – ha ricordato parlando da consigliere il presidente del consiglio Massimo Sauleo – fa parte del diritto umano. Non ritengo che tale sentenza possa portare alla dissoluzione della storia passata. Ritengo che lo Stato debba essere laico riconoscendo le libertà complete nel rispetto delle culture”. "Affermare il ruolo del cristianesimo in Italia non significa negare la laicità dello Stato - ha detto Massimo Bianchi (An) - perchè lo Stato è laico". "Il crocifisso è un simbolo identitario e culturale ancora prima che religioso e va difeso in quanto tale". L'esponente di centrodestra ha anche detto che "non deve essere un motivo di affermazione di superiorità tra l'una o l'altra religione" e che "promuovere il pluralismo non significa annientare la nostra identità". Alessandro Cialdi (Udc) ha motivato la presentazione della mozione con un intervento che riportiamo di seguito in modo integrale:
Gesù è stato giudicato – duemila anni fa – dalle varie magistrature del suo tempo.
E sappiamo cosa decise la “giustizia” di allora. Oggi la Corte europea di Strasburgo ha emesso una sentenza secondo cui lasciare esposta nelle scuole la raffigurazione di quell’Innocente massacrato dalla “giustizia umana” viola la libertà religiosa. E’ stato notato che semmai il crocifisso ricorda a tutti che cosa è la giustizia umana e cosa è il potere ed è quindi un grande simbolo di laicità (sì, proprio laicità) e di libertà (viene da chiedersi se gli antichi giudici di Gesù sarebbero contenti o scontenti che una sentenza di oggi cancelli l’immagine di quel loro “errore giudiziario” o meglio di quella loro orrenda ingiustizia). Ma discutiamo pacatamente le ragioni della sentenza di oggi: il crocifisso nelle aule, dicono i giudici, costituisce “una violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni” e una violazione alla “libertà di religione degli alunni”. Per quanto riguarda la prima ragione obietto che quel diritto dei genitori è piuttosto leso da legislazioni stataliste che non riconoscono la libertà di educazione e che magari usano la scuola pubblica per indottrinamenti ideologici.
La seconda ragione è ancor più assurda.
Il crocifisso sul muro non impone niente a nessuno, ma è il simbolo della nostra storia.
Una sentenza simile va bocciata anzitutto per mancanza di senso storico, cioè di consapevolezza culturale, questione dirimente visto che si parla di scuole. Pare ignara di cosa sia la storia e la cultura del nostro popolo. Per coerenza i giudici dovrebbero far cancellare anche le feste scolastiche di Natale (due settimane) e di Pasqua (una settimana), perché violerebbero la libertà religiosa. Stando a questa sentenza, l’esistenza stessa della nostra tradizione bimillenaria e la fede del nostro popolo (che al 90 per cento sceglie volontariamente l’ora di religione cattolica) sono di per sé un “attentato” alla libertà altrui. I giudici di Strasburgo dovrebbero esigere la cancellazione dai programmi scolastici di gran parte della storia dell’arte e dell’architettura, di fondamenti della letteratura come Dante (su cui peraltro si basa la lingua italiana: cancellata anche questa?) o Manzoni, di gran parte del programma di storia, di interi repertori di musica classica e di tanta parte del programma di filosofia. Infatti tutta la nostra cultura è così intrisa di cristianesimo che doverla studiare a scuola dovrebbe essere considerato – stando a quei giudici – un attentato alla libertà religiosa. In lingua ebraica le lettere della parola “italia” significano “isola della rugiada divina”: vogliamo cancellare anche il nome della nostra patria per non offendere gli atei? E l’Inno nazionale che richiama a Dio?
Perfino lo stradario della nostra città (Piazza Giovanni XXIII, via San Lorenzo, ecc.) va stravolto? Ma non solo, ma se un crocifisso in un’aula di scuola è causa di turbamento e di discriminazione, ancora di più il Duomo che ‘incombe’ su Milano o la Santa Casa di Loreto, che tutti vedono dall’autostrada Bologna-Taranto: la Corte europea dei diritti dell’uomo disporrà l’abbattimento di entrambi? Per questi giudici, si deve disporre un vasto piano di demolizioni, di cui peraltro dovrebbero far parte pure gli ospedali e le università (a cominciare da quella di Oxford) perlopiù nati proprio dal seno della Chiesa? Infine si dovrebbero demolire pure la democrazia e gli stessi diritti dell’uomo (a cominciare dalla Corte di Strasburgo) letteralmente partoriti e legittimati (con il diritto internazionale) dal pensiero teologico cattolico e dalla storia cristiana?
La stessa Costituzione italiana – fondata sulle nozioni di “persona umana” e di “corpi intermedi” (le comunità che stanno fra individui e Stato) – è intrisa di pensiero cattolico. Cancelliamo anche quella come un attentato alla libertà di chi non è cattolico?
E l’Europa?
L’esistenza stessa dell’Europa si deve alla storia cristiana, se non altro perché senza il Papa e i re cristiani prima sui Pirenei, poi a Lepanto e a Vienna, l’Europa sarebbe stata spazzata via diventando un califfato islamico.
Direte che esagero a legare al crocifisso tutto questo.
Ma c’è una controprova storica. Infatti sono stati i due mostri del Novecento – nazismo e comunismo – a tentare anzitutto di spazzare via i crocifissi dalle aule scolastiche e dalla storia europea. Odiavano l’innocente Figlio di Dio massacrato sulla croce, furono sanguinari persecutori della Chiesa e del popolo ebraico (i due popoli di Gesù) che martirizzarono in ogni modo e furono nemici assoluti (e devastatori) della democrazia e dei diritti dell’uomo (oltreché della cultura cristiana dell’Europa e della civiltà).Il nazismo appena salito al potere scatenò la cosiddetta “guerra dei crocefissi” con la quale tentò di far togliere dalle mura delle scuole germaniche l’immagine di Gesù crocifisso. Non sopportavano quell’ebreo, e volevano soppiantare la croce del Figlio di Dio, con quella uncinata, il simbolo esoterico dei loro dèi del sangue e della forza. Lo stesso fece il comunismo che tentò di sradicare Cristo dalla storia stessa. Se le moderne istituzioni democratiche europee si fondano sulla sconfitta dei totalitarismi del Novecento, non spetterebbe anche alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo considerare che la tragedia del Novecento è stata provocata da ideologie che odiavano il crocifisso (e tentarono di sradicarlo) e che i loro milioni di vittime si ritrovano significate proprio dal Crocifisso?
Non a caso è stata una scrittrice ebrea, Natalia Ginzburg, a prendere le difese del crocifisso quando – negli anni Ottanta – vi fu un altro tentativo di cancellarlo dalle aule: “Non togliete quel crocifisso” fu il titolo del suo articolo.
Scriveva:
“il crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace. E’ l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza fra gli uomini fino allora assente. La rivoluzione cristiana ha cambiato il mondo. Vogliamo forse negare che ha cambiato il mondo? (…) Dicono che da un crocifisso appeso al muro, in classe, possono sentirsi offesi gli scolari ebrei. Perché mai dovrebbero sentirsene offesi gli ebrei? Cristo non era forse un ebreo e un perseguitato, e non è forse morto nel martirio, come è accaduto a milioni di ebrei nei lager? Il crocifisso è il segno del dolore umano”.
La Ginzburg proseguiva:
“Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino. Il crocifisso fa parte della storia del mondo… prima di Cristo nessuno aveva mai detto che gli uomini sono uguali e fratelli tutti, ricchi e poveri, credenti e non credenti, ebrei e non ebrei e neri e bianchi, e nessuno prima di lui aveva detto che nel centro della nostra esistenza dobbiamo situare la solidarietà fra gli uomini… A me sembra un bene che i ragazzi, i bambini, lo sappiano fin dai banchi della scuola”.
Con tutto il rispetto auspichiamo che pure i giudici lo apprendano. “Il crocifisso fa parte della storia del mondo”, scrive la Ginzburg. Per questo potranno cancellarlo dai muri e alla fine – come accade in Arabia Saudita – potranno proibirci anche di portarne il simbolo al collo, ma nessuno può impedirci di portarlo nel cuore.
E questa è la scelta intima di ognuno.
La più importante.
A.B.
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5 commenti:
"Caro Andrea, apprezzo molto il tuo lavoro di informazione sul territorio.
Detto questo mi viene da dire che riconosco ad alcuni fra coloro che sono intervenuti la buona volontà di farsi portatori di idee, ma per alcuni altri mi sembra ci sia molta demagogia.
Personalmente ritengo che il valore del simbolo sia innegabile, per tutte le fedi e per tutte le culture.
In quanto simbolo però, rimandandolo ad un ruolo educativo che, almeno nella scuola dovrebbe avere, non dovrebbe esserci ne l'obbligo di toglierlo ne quello di esporlo.
Dovrebbe insomma essere presente se veramente portatore di un aspetto educativo e non fideistico.
In Italia invece, e molti degli intervenuti hanno dimostrato di non saperlo, vi è l'obbligo di affissione derivato dal periodo in cui la religione cattolica era per legge la religione di Stato.
Il problema è che oggi per molti ogni argomento serve per fare polemica e mi verrebbe da chiedere se quei valori cristiani a cui si fa spesso riferimento prevedono di far morire i migranti nel canale di Sicilia o di proporre in finanziaria una cassa integrazione più breve per gli extracomunitari.
Avrei voluto chiedere a tutti gli intervenuti di ripetere i dieci comandamenti in fila e, soprattutto, se vengono da loro rispettati.
Questo commento non vale naturalmente per tutti ma solo per coloro che non sono coerenti o con le loro scelte politiche o con la loro fede."
Valter Pretelli
walterino.... walterino... ma proprio tu parli di coerenza? credo che ti ci voglia coraggio!
Condivido in pieno quanto affermato da Valter. Per quanto mi riguarda,da credente e praticante, spero di aver fatto passare il pensiero che quel simbolo non deve rappresentare una religione ma la nostra storia
Alessandro Cialdi
Condivido ciò che ha affermato Valter e le motivazioni di Alessandro.
Donatella Spinelli
Condivido ciò che ha afermato Valter e le motivazioni di Alessandro.
Donatella Spinelli
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