QUARRATA_ Anche questo anno l’amministrazione
comunale aderisce al “Giorno della Memoria”. Lo fa organizzando presso il
cinema-teatro Nazionale un incontro pubblico aperto agli studenti delle classi
terze della scuola secondaria di primo grado, agli ospiti del centro“Panta Rei” di Ferruccia e ai ragazzi
della Comunità Incontro.
La manifestazione dal titolo “Il giorno della Memoria
in casa Guidotti. Raccontare per non dimenticare” è prevista per venerdì 27
gennaio con inizio alle ore 10.
Porteranno i loro saluti il sindaco di Quarrata
Sabrina Sergio Gori, Franco Benesperi (presidente Fondazione Banche di Pistoia
e Vignole per la Cultura e lo Sport), Giuseppe Iraci, presidente dell’associazione
di volontariato Synthesis.
Toccherà quindi a Paola Guarducci contestualizzare
la storia di Giulia e Morello Guidotti. Rispettivamente zia e nipote, nel corso
della seconda guerra mondiale i Guidotti nascosero nel fienile della
propria casa a Buriano, per più di un anno, una famiglia ebrea composta da
cinque persone: madre, padre, due figli e la nonna.
Il gesto, compiuto
all’insaputa di tutti proprio per tutelare quanto più possibile la vita della
famiglia ebrea, è riuscito nel suo intento e attualmente tutti i componenti
vivono in America. La storia da parte degli stessi protagonisti come lo scorso
anno sarà arricchita dalla proiezione di alcuni documenti: il video “La vita è
bella tra il tragico e il comico” , il “Video Olocausto per non dimenticare” e “Olocausto”
(il perché non dobbiamo dimenticare). Saranno proiettati anche documenti
relativi alla storia dei due quarratini. Alle ore 11,30 è previsto il
collegamento skype con la famiglia ebrea attualmente residente in America ( non
riuscito lo scorso anno per motivi tecnici). Al termine
saranno consegnati ai presenti alcuni libretti sulla manifestazione.
“Siamo riusciti a rintracciare negli Stati
Uniti, dove si rifugiarono nel 1945 per rifarsi una nuova vita – ha commentato
il sindaco di Quarrata - i protagonisti
ebrei di questa bella storia. Inge, Taisy e la famiglia, perseguitati solo
perché ebrei, si salvarono per la generosità dei Guidotti, semplici contadini di Buriano che
li accolsero e li nascosero dai rastrellamenti delle leggi razziali
nazifasciste. I Guidotti devono un
esempio per tutti noi, una prova tangibile di come mai si debba perdere
l’umanità e la dignità, insite in ognuno di noi, e di come si possa scegliere
il bene, nonostante tutto”.
La testimonianza della
famiglia Guidotti rappresenta un valore per il territorio di Quarrata e per i
giovani studenti per i quali l’evento è stato pensato ed organizzato. L’ascolto
di testimonianze “dal vivo”, ormai difficilmente reperibili, rappresentano per
i giovani l’opportunità per riflettere su fatti e vissuti storici di grande
solidarietà umana, in uno scambio inter-generazionale che diventa tale proprio
nel racconto, nell’ascolto e nella condivisione.
a.b.
Di seguito pubblichiamo alcuni stralci di una
intervista rilasciata da Morello e
Giulia Guidotti al quotidiano Il Tirreno nel 2011.
"Vivevamo
tutti insieme in una grande casa a Buriano - racconta la signora Giulia -
Eravamo contadini. Il capofamiglia era il padre di Morello, Giuseppe, il più
grande di tre fratelli. Io ero sposata con uno degli altri due, Aliberto, e mia
sorella con l'altro, Quinto. Nel 1943 avevo già il mio primognito ed ero
incinta del secondo, che nacque nel '44. Poi venne anche il terzo,
nel '46, ma lui la guerra non la vide.
Per
oltre un anno, Giorgio, Lilli e le loro due bambine, Inghe di 13 anni e Daisy
di 7, vissero nella loro casa. «All'inizio c'era anche la nonna - spiega
Morello - ma poi lei se ne andò. Stettero più di un anno con noi. Erano ebrei
di Zagabria. In un primo momento si trasferirono a Firenze e poi qui a
Quarrata, dove mi sembra che lavorassero per il Lenzi. Ma non erano al sicuro.
Mio padre un giorno ce li presentò, senza dare tante spiegazioni, e ci disse
che sarebbero stati con noi. Stavano in una stanza al secondo piano, dove ci
mettevamo il grano o l'uva per il vinsanto. Era sempre buia perchè era
rischioso persino aprire la finestra. Giorgio, il padre, non stava bene, e a
volte mi chiedeva di fargli prendere un po' d'aria. Io ero il più grande tra i
bambini, così, di notte, a volte, lo accompagnavo fuori, assicurandomi che non
ci vedesse nessuno".
"Io - racconta Giulia - gli portavo da mangiare: di
solito erano focaccine di grano".
La parola d'ordine in casa era
"silenzio": nessuno doveva sapere che la famiglia Guidotti nascondeva
degli ebrei. Ma le voci giravano e sul finire della guerra la famiglia se ne
dovette andare: "Mio padre li caricò sul barroccio - racconta Morello - Era
inverno e li portò da un'altra famiglia, nel bosco. Poi iniziarono i
rastrellamenti. I tedeschi in fuga cercavano gli uomini. Vennero anche a casa
nostra. Io e mio cugino eravamo a letto e per fortuna ci lasciarono stare. Mio
padre aveva già i capelli bianchi e anche lui fu lasciato in pace. I suoi due
fratelli riuscirono a nascondersi”.
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