PISTOIA_ La presidente dell’Unitalsi di Pistoia
Federica Bresci (madre di un bambino che alla nascita fu colpito da una
malattia rara) ha portato sabato scorso la sua testimonianza di fede all’interno
della Conferenza Internazionale del Pontificio Consiglio degli Operatori Sanitari
all’interno della sala Nervi in Vaticano. La mamma pistoiese ha parlato davanti
a cardinali, ministri, dirigenti sanitari, medici e malati nello specifico su “L’Ospedale,
luogo di Evangelizzazione, missione umana e spirituale”. Doveva esserci anche
il Papa che in effetti è poi è potuto arrivare solo dopo l’intervento della
Bresci che ha comunque avuto modo poi di salutare il Pontefice al termine della
cerimonia.
La donna- una delle tante madri-coraggio presenti
nell’Aula dedicata a Paolo VI ha raccontato della storia collegata che si è
svolta nelle camerette dell’ospedale Meyer di Firenze, pubblicata da Unitalsi
in un volume dal titolo “Il Rosario Narrato" che i piccoli malati hanno tradotto in
disegni e che è a disposizione presso Unitalsi Pistoia al costo di 3 euro.
Ecco come
la stessa Federica Breschi descrive la sua esperienza:
" Quando nei mesi scorsi mi è stato chiesto, di parlare, di raccontare la
nostra storia (mia, di Giulio mio marito e di Andrea) davanti al Papa, la prima cosa che mi è venuta alla
mente è: perché io? Perche io, che ho la terza media presa a pedate, devo
parlare davanti al papa e a tanti cardinali? Non ho una risposta precisa, però
se me lo hanno chiesto vorrà dire che mi vorranno ascoltare ...
Siamo partiti venerdi in treno; il pomeriggio ho partecipato ai lavori
del convegno e poi mi hanno fatto fare delle prove in sala Paolo VI. Io cosi
piccola in quel salone cosi grande e maestoso, sotto quella scultura che quasi
mi intimoriva… mi hanno spiegato come ci si muove, come ci si comporta, quanto
tempo abbiamo per parlare ed io continuavo a chiedermi perché ero li.
Madre Teresa mi veniva in aiuto ricordandomi che ognuno di noi è una
"matita" nelle mani di Dio. La mattina del sabato il mio primo pensiero
era rivolto ai miei amici, a quei 60 che si erano alzati alle 4 sobbarcandosi
una faticaccia per venire a Roma, per starmi vicina e trasmettermi sicurezza.
Ci siamo visti, salutati, abbracciati e mi sono subito sentita meglio, c’era
anche mia mamma e si sa quando abbiamo la mamma vicino stiamo tutti meglio.
Sapevo di non essere più sola anche se so che con loro io non sono mai
sola, sono una privilegiata, mi basta un cenno e subito ho tanta comprensione e
tanti amici pronti ad aiutarmi, a sopportarmi, come quando, per la prima
comunione di Andrea, mi arrabbiai con uno di loro perché … pioveva (come se lui
avesse avuto il potere di far cessare la pioggia).
Dopo le varie introduzioni ho raccontato la mia vita, che mi sento privilegiata,
perché mi è stata assegnato Andrea:
“La mia Porta per il Paradiso; Il mio,
anzi, il nostro Dono di Dio”. Nell’Unitalsi ho trovato il mondo che volevo per
Andrea ! Qui Andrea non è un bambino di cui si dice: poverino, oppure, bada che
cosa è capitato a quei genitori, oppure ancora, come è successo, rivolgendosi
al bimbo “A te Dio ha voluto meno bene”. Quest’ultima voce non mi ha fatto
dormire per tre giorni, ma mi ha dato la forza e la voglia di fare qualcosa per
cambiare questa mentalità.
Qui Andrea è un bambino come gli altri bambini, gioca canta e partecipa
alle iniziative insieme a tutti, anzi con la sua aria sbarazzina e lo sguardo
vispo non disdegna qualche spregetto ai suoi amici … L’Unitalsi, tramite i
volontari, saranno le mani che mi aiuteranno quando impazzirò, quando sarò
stanca, quando la fiducia e lo sconforto mi assaliranno, sono le mani che mi
sorreggano durante i momenti duri di Andrea.
Mentre parlavo, dall’alto cercavo i volti dei miei amici e non li vedevo
in mezzo a più di mille persone, in quel momento ho pensato che tutti quelli
che erano li sono miei amici, sono i miei familiari, sono coloro su cui posso
contare. Sempre !
Ho raccontato del Meyer, del libro, della nostra avventura, del girare
di camera in camera, della mia voglia di trasmettere amore, fiducia, speranza e
soprattutto l’amore di Dio verso di noi … Io credo che noi tutti dobbiamo
cambiare il modo di vedere di giudicare la diversità la malattia. Non vederla
come una punizione, come un flagello, ma, facendo mie le parole di mons.
Comastri queste prove testimoniano la grandezza della misericordia di Dio che
opera su di noi, sul nostro bambino Andrea.
Imbarazzante alla fine il fatto che un cardinale mi si sia fermato dinnanzi
e mi abbia stretto la mano ringraziandomi per la dimostrazione dell’amore di
Dio che gli avevo appena dato … Poi festa con i miei associati. Una bella
mattinata, una bella indigestione di amore, una bella boccata di aria fresca
per l’anima ed il cuore".
a.b.
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