PISTOIA – “Un uomo dal percorso ecclesiale e umano molto interessante: viene dalla Chiesa del Sudamerica, ha fama di essere molto vicino al cammino della sua gente e già con i suoi primissimi gesti ci ha voluto comunicare qualcosa di estremamente significativo”. Sono passati pochi minuti dall’habemus papam e il vescovo di Pistoia, Mansueto Bianchi, è ancora incollato al televisore. Affida ad alcune “sensazioni a caldo” un primo commento che parte dalla riproposizione di un antico adagio. “Anche questa volta– dice riferendosi alla novità di un nome che non era circolato, nei giorni scorsi – è stato confermato che i Papi si fanno solo in Conclave; non altrove”.
Ricordato come il nuovo Pontefice, l'argentino di origini italiane Jorge Mario Bergoglio, (“il primo Papa non europeo, almeno nella storia moderna”) fosse, nel Conclave precedente, il candidato proposto dal cardinale Carlo Maria Martini, mons. Bianchi sottolinea alcuni aspetti di ciò che ha appena visto in tv.
“Francesco non ha mai pronunciato il termine “Papa”, ma ha voluto precisare la sua natura di “Vescovo” e richiamare più volte il concetto di “popolo”, evidentemente non privo di significato. E anche quando si è riferito al suo immediato predecessore lo ha definito come “Vescovo emerito di Roma”. L’impressione, in tutto ciò che non è solo questione nominalistica, è che si voglia recuperare la dimensione del Pontefice come “Vescovo di Roma” e per questo capo della Chiesa universale. Non può essere casuale – aggiunge mons. Bianchi – e pare dimostrare, fin dall’inizio, un grande desiderio di collegialità”.
Una seconda sensazione sottolineata dal vescovo Bianchi è quella legato al nome. “Impossibile non pensare al famoso sogno di papa Innocenzo III riferito al santo di Assisi che regge una basilica Lateranense, cuore della Chiesa, che stava crollando. E risulta oltretutto affascinante la circostanza che un religioso gesuita, di un Ordine cioè considerato alquanto aristocratico, scelga di chiamarsi Francesco proprio come il fondatore dell’Ordine più popolare. Tutto ciò è molto bello, così com’è stata bella – aggiunge mons. Bianchi – la immediata dimensione della preghiera, il richiamo al silenzio e l’invito al popolo di pregare Dio affinché benedica il nuovo vescovo che poi, e solo a questo punto, potrà benedire il popolo”.
Mansueto Bianchi ha infine notato un particolare. “Fra tutti quelli che erano affacciati al balcone di San Pietro – sottolinea – Papa Francesco era l’unico a non avere al petto la croce d’oro, esibendo un semplice simbolo realizzato in metallo povero e acquistabile, a non più di 80 euro, in qualunque negozio di articoli religiosi. L’ho notato – sorride Bianchi – perché è la stessa croce che indosso io”.
Una seconda sensazione sottolineata dal vescovo Bianchi è quella legato al nome. “Impossibile non pensare al famoso sogno di papa Innocenzo III riferito al santo di Assisi che regge una basilica Lateranense, cuore della Chiesa, che stava crollando. E risulta oltretutto affascinante la circostanza che un religioso gesuita, di un Ordine cioè considerato alquanto aristocratico, scelga di chiamarsi Francesco proprio come il fondatore dell’Ordine più popolare. Tutto ciò è molto bello, così com’è stata bella – aggiunge mons. Bianchi – la immediata dimensione della preghiera, il richiamo al silenzio e l’invito al popolo di pregare Dio affinché benedica il nuovo vescovo che poi, e solo a questo punto, potrà benedire il popolo”.
Mansueto Bianchi ha infine notato un particolare. “Fra tutti quelli che erano affacciati al balcone di San Pietro – sottolinea – Papa Francesco era l’unico a non avere al petto la croce d’oro, esibendo un semplice simbolo realizzato in metallo povero e acquistabile, a non più di 80 euro, in qualunque negozio di articoli religiosi. L’ho notato – sorride Bianchi – perché è la stessa croce che indosso io”.
Fonte: Ufficio Comunicazioni Sociali della Diocesi di Pistoia
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