lunedì 18 novembre 2013

Rifiuti/Piano regionale da riscrivere. La relazione introduttiva di Eugenio Baronti all'assemblea di Capannori. Mercoledì 20 incontro pubblico al "Polo Tecnologico" di Quarrata.

PISTOIA-QUARRATA_ Sabato scorso a Capannori si è svolta come noto una importante assemblea sui rifiuti organizzata da Eugenio Baronti, responsabile nazionale del gruppo di studio sui rifiuti del Forum Ambiente di Sel/Beta a cui hanno partecipato tra gli altri i consiglieri regionali Monica Sguerri (Capogruppo della FdS) e Mauro Romanelli di Sel, oltre al sindaco di Capannori Giorgio Del Ghingaro.


E’ stata – ha detto Eugenio Barontiuna bella assemblea, molto partecipata e con un dibattito di alto livello politico. Ci sono stati 21 interventi ed erano presenti molti amministratori, consiglieri comunali, associazioni e rappresentanti dei partiti (Sel, Rifondazione, Idv, Pd, M5s). L’assemblea si è conclusa individuando 8 punti qualificanti da portare, come richiesta di modifica al Piano regionale, in un incontro da richiedere con urgenza al Presidente della Regione Enrico Rossi e all’Assessore Annarita Bramerini”. Per Pistoia ha partecipato il vicesindaco Daniela Belliti che ha bocciato la politica degli enti di secondo livello che allontanano le decisioni dai cittadini e “antepongono gli interessi dei diritti acquisiti a quelli delle comunità locali”. Lo stesso vicesindaco di Pistoia ha chieso che si fermino subito “ tutti i processi autorizzativi”. Infatti “una volta avuto il via libera certe opere vanno realizzate per forza, ma così viene meno il ruolo di guida della programmazione regionale”. L'esempio è quello dell'inceneritore di Case Passerini vicino Firenze, partito prima ancora che venisse approvato il piano interprovinciale di Ato Centro.

Eugenio Baronti mercoledì 20 novembre interverrà a Quarrata alla iniziativa “Differenziare perché?” in programma presso il “Polo Tecnologico”. Assieme a Baronti interverranno anche l’assessore provinciale Rino Fragai e il sindaco di Quarrata Marco Mazzanti.
In preparazione dell’incontro per chi volesse approfondire l’argomento si pubblica di seguito il testo integrale della relazione introduttiva fatta da Eugenio Baronti a Capannori inerente il piano regionale dei rifiuti:

Relazione introduttiva Assemblea del 16 novembre 2013 a Capannori sul Piano regionale dei rifiuti

di Eugenio Baronti
Il Piano regionale proposto e inviato per la sua adozione in Consiglio regionale, se letto a se stante, al di fuori del contesto del sistema di gestione dei rifiuti Toscano e della cultura politica dominate che lo supporta e lo legittima, potrebbe apparire un notevole passo avanti rispetto al passato, quella svolta necessaria che tutti noi chiedevamo e auspicavamo ma che invece, concretamente, a mio avviso non c’è stata.  Come ha largamente dimostrato il Vecchio Piano regionale approvato nel 1998 o, peggio ancora,  il PRAA del 2007, non basta scrivere dentro un Piano degli obiettivi ambiziosi per poterli poi concretamente raggiungere, non bastano le parole e le buone intenzioni a rimuovere culture, comportamenti, interessi e rendite di posizioni economiche e politiche strutturate e consolidate,  ci vuole di più, molto di più, Ci sarebbe bisogno di predisporre degli specifici e dettagliati  piani di azioni in cui vengono descritte le fasi attuative, i risultati attesi e i tempi previsti, ci sarebbe bisogno di dare corpo e strutturare nuove soluzioni organizzative, rinnovare posizioni dirigenziali di stampo conservatore spesse prive del necessario coraggio e apertura mentale per rimettere in discussione una vecchia cultura politica che è responsabile dell’attuale sistema di gestione toscano inefficiente e superato, di stampo novecentesco.

Ci sarebbe bisogno di capire che fine fanno i piani interprovinciali presentati e, nel caso dell’ATO Centro, già approvati ed operativi. Il Piano regionale è sicuramente migliore e più moderno di quello dell’ATO Toscana Centro approvato nel dicembre del 2012 e con il relativo Piano d’Ambito già adottato, che diventerà operativo addirittura prima del Piano regionale. Il nostro giudizio su questo Piano è stato sostanziato in 5 osservazioni critiche e propositive presentate unitariamente, che ovviamente, non sono state prese in considerazione con la solita autosufficienza e arroganza.

Questa mia relazione introduttiva è animata da senso di responsabilità, spirito collaborativo e propositivo, quello che questo coordinamento unitario chiede non è il tutto e subito, ma di aprire con determinazione un percorso virtuoso per cambiare il senso di marcia dell’attuale sistema. Mi chiedo, senza immettere forze nuove, idee e culture  fresche ed innovative dentro questo sistema di gestione regionale è possibile pensare che questo possa autoriformarsi e rinnovarsi ? Io credo proprio di no.
Che il sistema toscano è inefficiente non è il frutto di una nostra visione settaria ed ideologica, lo dicono le cifre e i numeri, è un fatto inconfutabile che, in un Paese profondamente diviso in tre parti,  con un Nord vicino all’Europa, un centro che arranca e perde terreno e un Sud che è a rischio di sprofondare, la Toscana si colloca molto più vicina al Sud e ben lontana e distanziata dai risultati ottenuti da tutte le grandi regioni popolose e industrializzate del nord.

Il Sistema toscano si caratterizza per:

1)      una elevata produzione procapite dei rifiuti: nel 2011 è stata di 647 kg/ab/anno, nel 2012 è leggermente scesa a 614 kg/ab/anno un dato che ci colloca al secondo posto assoluto in Italia, subito dopo l’Emilia Romagna che, nel 2012, ha fatto registrare una produzione procapite di 637 kg/ab/anno. Il Friuli è a 452 kg/ab/anno; il Veneto è a 456 kg/ab/anno; il Piemonte a 465 kg/ab/anno, la Lombardia a 477 kg/anno. La media di produzione procapite di tutte le regioni del sud è di kg 463Kg/ab/anno. La produzione complessiva dei RSU nel 2012 è stata di 2.252,697 tonnellate, nel 2011 furono 2.370.00 ton. con una decrescita della produzione costante, così come si è registrata a livello nazionale dove nele 2012 si è registrata la stessa produzione di rifiuti del 2002.

2)      Una bassa qualità e quantità di raccolta differenziata con un basso tasso di recupero, la bassa qualità è dovuta al sistema di raccolta differenziata dominate che nella maggior parte dei comuni avviene ancora con campane e contenitori stradali, in cui tutti possono conferire in forma anonima e questo è anche la ragione principale di una bassa quantità di raccolta differenziata che con il 40% scarso, nel 2012 colloca la Regione Toscana molto più vicina  alle regioni del sud in forte ritardo e molto distante da quelle del Nord dove, seppure nessuna Regione italiana ha raggiunto il limite del 65% al 31 /12 /2012, la Regione Veneto con il 62,6% e il Trentino alto Adige con il 62,3% hanno sfiorato l’obiettivo mentre le altre grandi regioni del nord viaggiano sopra il 50%, il Friuli 57,5%, la Lombardia al 51,3%, il Piemonte il 53,3% . In Toscana solo 23 comuni hanno raggiunto e superato il limite di Legge al 31 dicembre 2012 del 65% di Raccolta differenziata. Tra questi, 10 comuni hanno superato l’80%. Questi comuni sono dislocati nelle seguenti province: 9 nella Prov. di Firenze; 5 nella Prov. di Pisa;  4 nella Prov. di Lucca; 3 nella Prov. di Pistoia; 2 nella Prov. di Prato. Nessun comune ha raggiunto il 65% nelle Province di Livorno, Siena, Arezzo, Grosseto e Massa Carrara; altri 24 Comuni toscani però hanno superato il 50% di RD.

3)      Un sistema ad alta distruzione di materia: nel 2012 la discarica è ancora nettamente al primo posto nello smaltimento dei rifiuti in Toscana con il 42% dei rifiuti smaltito nelle 14 discariche per complessivi 957.000 tonnellate nel 2012 e 1.008 ton. nel 2011. La media delle regioni del Nord è del 23% ma da questo punto di vista queste regioni non sono il nostro riferimento virtuoso in quanto inviano all’incenerimento il 68% del totale nazionale dei rifiuti inceneriti; la Lombardia il 40% . La Toscana invia ad incenerimento il 4,8% dei rifiuti Teniamo sempre presente che l’’obiettivo generale della direttiva europea 2008/98/CE è quella di costruire la società del riciclaggio e di conseguenza colloca la discarica all’ultimo posto nella scala gerarchica.

4)      Alti costi di gestione:  la media regionale toscana dei costi procapite di gestione del servizio nel 2011 è stata di € 195,33, la media dei costi delle regioni del nord è di € 144,36, quello medio nelle regioni del sud è di € 142,61. Il costo medio di gestione in Italia è di € 147,43.

5)      Scarsa democrazia e trasparenza, inosservanza delle Leggi: un processo democratico presuppone un percorso di ascolto e di confronto reale con i cittadini e non finto. La finzione ha caratterizzato tutto il processo di costruzione dei piani interprovinciali, praticamente la logica praticata è stata: dite e scrivete pure ciò che vi pare tanto noi poi facciamo quello che già abbiamo deciso. Non si cambia niente. Se la volontà politica è quella di non cambiare niente e se si ritengono immodificabili gli attuali Piani interprovinciali così come sono stati proposti o approvati con la loro  previsione impiantistica calcolata su previsioni di produzione esagerate, allora il Piano regionale proposto è completamente inutile. E’ tempo perso. Non funziona così un percorso democratico. Direttive europee e Leggi in materia di rifiuti in questo paese sono da anni un optional, restano nei cassetti  e spesso servono solo per essere sventolate, nel momento dell’approvazione, sotto il naso degli ecologisti per dimostrare la loro buona volontà. Se mi mettessi a fare l’elenco delle infrazioni europee e delle leggi regionali e nazionali che abbiamo disatteso in materia di gestione dei rifiuti, sforerei i tempi del mio intervento.

Domanda provocatoria: chi decide in Toscana sugli indirizzi strategici nella gestione integrata dei rifiuti, la politica e le istituzioni democraticamente elette o, tanto per intenderci, la CISPEL e il suo sistema di potere che ovviamente conta su di una rete di interessi diffusa ed estesa e sul consenso e collaborazione di tanti sindaci e amministratori? Ci troviamo di fronte e tre Piani interprovinciali fotocopia, tutti e tre hanno in comune previsioni di crescita della produzione dei rifiuti esagerate tanto per giustificare la necessità di investire centinaia di milioni di euro in nuovi inceneritori.

Quello della gestione dei rifiuti sembra  un mondo alla rovescia 

Che relazione ci può essere tra il Piano regionale che dovrebbe dare gli indirizzi strategici e per esempio il Piano interprovinciale nell’ATO Toscana Centro già approvato che prevede la quintuplicazione delle quantità di rifiuti da inviare agli inceneritori da 60.000 ton a 270.000 ton e che il Piano di Ambito ha leggermente ridimensionato di appena 50.000 ton?  Questo  Piano è semplicemente impresentabile ma su questo piano, molto prima che fosse approvato nei Consigli provinciali, furono avviate  le procedure per l’affidamento della progettazione dell’impianto di incenerimento di Casa Passerini.


In pratica è stato affidato l’esecuzione del progetto prima ancora che venisse approvato il Piano che lo prevedeva. E’ chiaro che, in queste condizioni,  il percorso di confronto con la popolazione diventa pura finzione perché i giochi sono già stati tutti fatti. E se la politica, con un colpo di reni o un sussulto di orgoglio,  avesse cancellato l’impianto di incenerimento di Casa Passerini? Cosa sarebbe successo? Impossibile!!! Il sistema era sicuro dell’esito finale era tutto scontato.

E che dire dell’ATO Costa? Le quattro attuali province dell’area vasta dell’Ato Toscana Costa non sono ancora riuscite ad adottare un Piano interprovinciale condiviso, dopo tante versioni e modifiche ancora non si è trovato un accordo per discuterlo nei Consigli provinciali. Non c’è ancora un Piano interprovinciale di gestione dei rifiuti, ma con un evidente forzatura e  strappo alle regole, decidono, anche qui, di procedere all’avvio della procedura di affidamento addirittura sulla base del Piano straordinario approvato dalla Regione nel 2009 e che è la sommatoria dei vecchi piani provinciali fine anni ’90 cioè risalenti alla preistoria culturale e politica della gestione dei rifiuti, ignorando completamente  i profondi cambiamenti intervenuti soprattutto nell’ultimo decennio e le buone pratiche virtuose attivate in diversi comuni toscani che hanno dimostrato che un altro sistema di gestione dei rifiuti moderno e innovativo è possibile e realizzabile  in tempi brevi.

Il Piano presentato propone tre diversi scenari di dinamica di crescita dove nel migliore ancora si prevede al 2020 una produzione procapite annua di rifiuti di circa 600 Kg e addirittura il peggiore di 667%. E’ accettabile dimensionare il proprio fabbisogno impiantistico su questa previsione nel 2020 ?? In diversi comuni nella provincia di Firenze e Pistoia, si viaggia con percentuali di RD che superano il 90%, nel  circondario empolese- Valdelsa, grazie al sistema di raccolta porta a porta sono riusciti a conferire in discarica nel 2012 solo 75 kg/ab/anno. Noi capannoresi lo sosteniamo da anni, che la messa a sistema della raccolta domiciliare integrale porta con se una consistente diminuzione di rifiuti che secondo anche l’esperienza di Publiambiente, ma anche la nostra,  è attorno al 30% con una riduzione dell’80% dei rifiuti indifferenziati. Che senso ha inserire nel piano, e solo nello scenario migliore, una riduzione di appena il 10%?

Sul gestore unico di area vasta

Costituire un gestore unico dell’intero ciclo integrato per ogni area vasta con la veste giuridica di una spa mista, oltre ad essere incoerente con l’esito referendario, è destinato a infrangersi contro una complessità di situazioni territoriali profondamente diversificate  tra i 287 comuni che costituisco le tre aree vaste su cui si è ristrutturato il sistema. Ci sono aziende miste con il privato scelto con affidamento diretto e altre in cui i soci privati sono stati selezionati attraverso bandi, società con livelli di indebitamento esorbitante, alcune sull’orlo del fallimento, Comuni con tariffe basse a altri con tariffe alle stelle,  servizi scadenti e comuni virtuosi, comuni all’80% di RD e altri al di sotto del 20%; pretendere di mettere insieme magicamente tutte queste differenze per creare un sistema più efficiente è un’illusione. C’è poi la delicata partita  della liquidazione del partner privato nelle diverse società miste, la partita dei debiti accumulati dalle diverse società, attraverso meccanismi compensativi/correttivi applicati territorialmente come quota aggiuntiva sulla Tassa o tariffa rifiuti fino alla copertura di tutti gli oneri pregressi, c’è la partita, ancora più sensibile, della messa a disposizione  degli impianti esistenti a tre gestori unici di ATO da parte dei comuni dietro corresponsione  di un canone annuo pari al costo di ammortamento. C’è poi una situazione del tutto anomala, in cui per oltre un decennio, avremo un gestore unico sulla carta che gestirà il servizio in tutto l’area vasta ma non per tutti perché diversi comuni, tra cui alcuni capoluoghi di provincia, continueranno a gestirsi i propri rifiuti con le attuali società perché in regime di salvaguardia.

Sarebbe stato molto più realistico e gestibile ipotizzare un percorso meno rigido e graduale di aggregazione delle diverse società di gestione per portare un po’ di razionalità in questo sistema aziendale frantumato in una miriade di società di gestione spesso poco efficienti, un percorso di transizione incentivato dalla Regione per promuovere aggregazioni aziendali perlomeno a livello provinciale, mantenendo distinti due livelli organizzativi e gestionali: uno articolato a rete per aree geografiche omogenee per la gestione dei servizi di raccolta, spazzamento e servizi  ambientali e l’altro per gestire un moderno ed efficiente sistema impiantistico integrato di area vasta gestito da un’azienda speciale che io credo debba essere, per coerenza con l’esito referendario, di diritto pubblico.

E’ condivisibile invece, la dimensione dell’area vasta, per un moderno sistema impiantistico, con impianti  che per caratteristiche, dimensioni, costi realizzativi e gestionali non possono essere pensati a livello di piccole aree geografiche. Impianti di trattamento biologico a freddo, di separazione e di valorizzazione delle diverse tipologie di materiali, impianti moderni di digestione anaerobica con postcompostaggio per la valorizzazione energetica ed agricola della frazione organica, impiantistica minore per trattamento e trasformazione di diverse frazioni dei rifiuti separati.

Un sistema impiantistico di area vasta con una tariffa unica di conferimento  ma non una tariffa unica per l’intero ciclo integrato compresa la raccolta e lo spazzamento perché, in un contesto regionale con standard qualitativi dei servizi ambientali estremamente differenziati, questo penalizzerebbe duramente tutte quelle realtà territoriali che hanno attivato forme virtuose di raccolta e gestione dei rifiuti e che praticano tariffe inferiori. La tariffa unica  sarà forse possibile quando sarà generalizzato, a livello regionale, il nuovo sistema di gestione ma dovrà essere una tariffa puntuale per tutti, calcolata sulle reali quantità di rifiuti conferiti, per premiare il cittadino responsabile che produce meno rifiuti.

C’è bisogno di un cambiamento culturale
Noi crediamo che un approccio moderno alla questione della gestione dei rifiuti non può solo limitarsi alla ricerca della migliore soluzione tecnico organizzativa di raccolta e alla scelta delle diverse tecnologie impiantistiche di trattamento e smaltimento disponibili, questo è un approccio vecchio di stampo conservatore. L’enorme montagna dei rifiuti prodotti dalle innumerevoli attività umane ci dice chi siamo, come viviamo, cosa e come consumiamo, per questo non possiamo più rimanere prigionieri di un approccio tecnicistico e settoriale, dobbiamo affrontare la questione ribaltando radicalmente l’attuale impostazione dominante. Cambiare il sistema di gestione dei rifiuti è sicuramente necessario e urgente ma non sufficiente c’è bisogno di attivare un percorso che sta dentro una strategia politico culturale complessiva “verso rifiuti zero” che oltre a rivoluzionare la modalità della raccolta dei rifiuti, prova a modificare questo nostro insostenibile modello di sviluppo e di consumo, il modo di progettare, di produrre, distribuire e commercializzare beni e prodotti, prova a rimettere in discussione e a modificare radicalmente i nostri stili di vita e comportamenti individuali e sociali consolidati, apre processi culturali e percorsi di acquisizione di consapevolezza essenziali per ricreare senso di responsabilità civica, autonomia culturale, per liberarci dalla moderna schiavitù del consumo e dalla inciviltà dell’usa e getta.

Non c’è più tempo da perdere è  necessario iniziare subito,  il percorso di transizione verso un  nuovo sistema, e, lungo questo percorso le  tecnologie tradizionali  per lo smaltimento (discariche ed inceneritori) saranno  destinate ad assumere un ruolo secondario e sempre più marginale, fino a raggiungere le condizioni per liberarci dalla necessità di questa tipologia di impianti, mentre acquisteranno centralità, le buone pratiche operative,  le azioni di  separazione e differenziazione, di recupero e riciclaggio e di conseguenza crescerà e si consoliderà   un’impiantistica di valorizzazione delle materie prime seconde recuperate e una adeguata filiera industriale del riciclaggio strettamente legata e connessa con il mondo scientifico della ricerca e dell’innovazione per aprire nuove opportunità e possibilità di riciclaggio e di riutilizzo della materia recuperata.

C’è bisogno di percorsi culturali per costruire consapevolezza dell’insostenibilità di questo nostro modello di sviluppo e di consumo, c’è bisogno di ricostruire senso civico, per contrastare la deresponsabilizzazione insita nell’attuale modello dominante di gestione dei rifiuti, dell’usa e getta nel sacco nero indifferenziato, dove si butta tutto.

Per questo è un errore considerare la raccolta differenziata porta a porta solo come una tecnica organizzativa di gestione della raccolta dei rifiuti, deve essere molto di più, deve essere pensata e gestita come  un percorso culturale di partecipazione democratica per responsabilizzare i cittadini ad un consumo consapevole e a stili di vita più sobri, per vincere ogni forma di pigrizia culturale ed  avere la forza necessaria per modificare comportamenti e abitudini consolidate.

I grandi passi avanti compiuti in questi ultimi cinque anni sono dovuti essenzialmente alla  forza contagiosa dell’esempio virtuoso, nato cresciuto e consolidatosi a partire da realtà territoriali e per iniziativa di amministratori coraggiosi ed innovativi che hanno saputo indicare la strada giusta e soprattutto dimostrare a tutti gli scettici e gli indifferenti che è possibile, si può fare, basta volerlo e basta soprattutto crederci .

2 commenti:

Anonimo ha detto...

E' quasi impossibile districarsi nella giungla di piani e contropiani sui rifiuti . BASTA!!!!QUARRATA DEVE INIZIARE A CAMMINARE CON LE PROPRIE GAMBINE, facciamo il punto della situazione della nostra realtà locale, un nostro piano sui rifiuti particolareggiato e dettagliato di gestione a 360° e poi ci confronteremo con chi siede più in alto. Dall'alto tutti vengono ad insegnarci qualcosa , facciamo il percorso inverso , cominciamo dal basso con il consenso di tutti i cittadini sulle cose da fare, questa è la vera partecipazione!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Daniele Manetti (da Facebook)

Anonimo ha detto...

La regionalizzazione o il federalismo portano anche queste storture. La gestione di certe situazioni (non uso il termine beni comuni) richiede una gestione nazionale...se non europea. I piani di gestione non possono confrontarsi con i limiti territoriali, politico amministrativi regionali. Il divide et impera (o del controllo delegato dei votanti) porta tante storture, anche per i rifiuti. Si dovrebbe passare dalla gestione di raccolta comunale, differenziata, tendente allo zero, ad un riciclo e smaltimento di nazionale/europeo.

No Tares Capalbio (da Facebook)