PISTOIA-QUARRATA_ Sabato scorso a Capannori si è svolta come noto una importante assemblea sui rifiuti organizzata da Eugenio Baronti, responsabile nazionale del gruppo di studio sui rifiuti del Forum Ambiente di Sel/Beta a cui hanno partecipato tra gli altri i consiglieri regionali Monica Sguerri (Capogruppo della FdS) e Mauro Romanelli di Sel, oltre al sindaco di Capannori Giorgio Del Ghingaro.
“E’ stata – ha detto Eugenio Baronti – una bella assemblea, molto partecipata e con un dibattito di alto livello politico. Ci sono stati 21 interventi ed erano presenti molti amministratori, consiglieri comunali, associazioni e rappresentanti dei partiti (Sel, Rifondazione, Idv, Pd, M5s). L’assemblea si è conclusa individuando 8 punti qualificanti da portare, come richiesta di modifica al Piano regionale, in un incontro da richiedere con urgenza al Presidente della Regione Enrico Rossi e all’Assessore Annarita Bramerini”. Per Pistoia ha partecipato il vicesindaco Daniela Belliti che ha bocciato la politica degli enti di secondo livello che allontanano le decisioni dai cittadini e “antepongono gli interessi dei diritti acquisiti a quelli delle comunità locali”. Lo stesso vicesindaco di Pistoia ha chieso che si fermino subito “ tutti i processi autorizzativi”. Infatti “una volta avuto il via libera certe opere vanno realizzate per forza, ma così viene meno il ruolo di guida della programmazione regionale”. L'esempio è quello dell'inceneritore di Case Passerini vicino Firenze, partito prima ancora che venisse approvato il piano interprovinciale di Ato Centro.
Eugenio Baronti mercoledì 20 novembre interverrà a Quarrata alla iniziativa “Differenziare perché?” in programma presso il “Polo Tecnologico”. Assieme a Baronti interverranno anche l’assessore provinciale Rino Fragai e il sindaco di Quarrata Marco Mazzanti.
In preparazione dell’incontro per chi volesse approfondire l’argomento si pubblica di seguito il testo integrale della relazione introduttiva fatta da Eugenio Baronti a Capannori inerente il piano regionale dei rifiuti:
Relazione introduttiva Assemblea del 16 novembre 2013 a Capannori sul Piano regionale dei rifiuti
di Eugenio Baronti
Il Piano regionale proposto e
inviato per la sua adozione in Consiglio regionale, se letto a se stante, al di
fuori del contesto del sistema di gestione dei rifiuti Toscano e della cultura
politica dominate che lo supporta e lo legittima, potrebbe apparire un notevole
passo avanti rispetto al passato, quella svolta necessaria che tutti noi
chiedevamo e auspicavamo ma che invece, concretamente, a mio avviso non c’è
stata. Come ha largamente dimostrato il
Vecchio Piano regionale approvato nel 1998 o, peggio ancora, il PRAA del 2007, non basta scrivere dentro
un Piano degli obiettivi ambiziosi per poterli poi concretamente raggiungere,
non bastano le parole e le buone intenzioni a rimuovere culture, comportamenti,
interessi e rendite di posizioni economiche e politiche strutturate e
consolidate, ci vuole di più, molto di
più, Ci sarebbe bisogno di predisporre degli specifici e dettagliati piani di azioni in cui vengono descritte le
fasi attuative, i risultati attesi e i tempi previsti, ci sarebbe bisogno di dare
corpo e strutturare nuove soluzioni organizzative, rinnovare posizioni
dirigenziali di stampo conservatore spesse prive del necessario coraggio e
apertura mentale per rimettere in discussione una vecchia cultura politica che
è responsabile dell’attuale sistema di gestione toscano inefficiente e superato,
di stampo novecentesco.
Ci sarebbe bisogno di capire
che fine fanno i piani interprovinciali presentati e, nel caso dell’ATO Centro,
già approvati ed operativi. Il Piano regionale è sicuramente migliore e più
moderno di quello dell’ATO Toscana Centro approvato nel dicembre del 2012 e con
il relativo Piano d’Ambito già adottato, che diventerà operativo addirittura
prima del Piano regionale. Il nostro giudizio su questo Piano è stato
sostanziato in 5 osservazioni critiche e propositive presentate unitariamente,
che ovviamente, non sono state prese in considerazione con la solita
autosufficienza e arroganza.
Questa mia relazione
introduttiva è animata da senso di responsabilità, spirito collaborativo e
propositivo, quello che questo coordinamento unitario chiede non è il tutto e
subito, ma di aprire con determinazione un percorso virtuoso per cambiare il
senso di marcia dell’attuale sistema. Mi
chiedo, senza immettere forze nuove, idee e culture fresche ed innovative dentro questo sistema
di gestione regionale è possibile pensare che questo possa autoriformarsi e
rinnovarsi ? Io credo proprio di no.
Che il sistema toscano è
inefficiente non è il frutto di una nostra visione settaria ed ideologica, lo
dicono le cifre e i numeri, è un fatto inconfutabile che, in un Paese
profondamente diviso in tre parti, con
un Nord vicino all’Europa, un centro che arranca e perde terreno e un Sud che è
a rischio di sprofondare, la Toscana si colloca molto più vicina al Sud e ben
lontana e distanziata dai risultati ottenuti da tutte le grandi regioni
popolose e industrializzate del nord.
Il Sistema toscano si
caratterizza per:
1) una elevata produzione procapite dei rifiuti: nel
2011 è stata di 647 kg/ab/anno, nel 2012 è leggermente scesa a 614 kg/ab/anno
un dato che ci colloca al secondo posto assoluto in Italia, subito dopo
l’Emilia Romagna che, nel 2012, ha fatto registrare una produzione procapite di
637 kg/ab/anno. Il Friuli è a 452 kg/ab/anno; il Veneto è a 456 kg/ab/anno; il
Piemonte a 465 kg/ab/anno, la Lombardia a 477 kg/anno. La media di produzione
procapite di tutte le regioni del sud è di kg 463Kg/ab/anno. La produzione complessiva dei RSU nel 2012
è stata di 2.252,697 tonnellate, nel 2011 furono 2.370.00 ton. con una
decrescita della produzione costante, così come si è registrata a livello
nazionale dove nele 2012 si è registrata la stessa produzione di rifiuti del
2002.
2) Una bassa qualità e quantità di raccolta
differenziata con un basso tasso di recupero, la bassa
qualità è dovuta al sistema di raccolta differenziata dominate che nella
maggior parte dei comuni avviene ancora con campane e contenitori stradali, in
cui tutti possono conferire in forma anonima e questo è anche la ragione
principale di una bassa quantità di raccolta differenziata che con il 40%
scarso, nel 2012 colloca la Regione Toscana molto più vicina alle regioni del sud in forte ritardo e molto
distante da quelle del Nord dove, seppure nessuna Regione italiana ha raggiunto
il limite del 65% al 31 /12 /2012, la Regione Veneto con il 62,6% e il Trentino
alto Adige con il 62,3% hanno sfiorato l’obiettivo mentre le altre grandi
regioni del nord viaggiano sopra il 50%, il Friuli 57,5%, la Lombardia al
51,3%, il Piemonte il 53,3% . In Toscana solo 23 comuni hanno raggiunto e
superato il limite di Legge al 31 dicembre 2012 del 65% di Raccolta
differenziata. Tra questi, 10 comuni hanno superato l’80%. Questi comuni sono
dislocati nelle seguenti province: 9 nella Prov. di Firenze; 5 nella Prov. di
Pisa; 4 nella Prov. di Lucca; 3 nella
Prov. di Pistoia; 2 nella Prov. di Prato. Nessun comune ha raggiunto il 65%
nelle Province di Livorno, Siena, Arezzo, Grosseto e Massa Carrara; altri 24
Comuni toscani però hanno superato il 50% di RD.
3)
Un sistema ad alta
distruzione di materia: nel 2012 la discarica è ancora nettamente al primo posto nello
smaltimento dei rifiuti in Toscana con il 42% dei rifiuti smaltito nelle 14
discariche per complessivi 957.000 tonnellate nel 2012 e 1.008 ton. nel 2011.
La media delle regioni del Nord è del 23% ma da questo punto di vista queste
regioni non sono il nostro riferimento virtuoso in quanto inviano
all’incenerimento il 68% del totale nazionale dei rifiuti inceneriti; la
Lombardia il 40% . La Toscana invia ad incenerimento il 4,8% dei rifiuti
Teniamo sempre presente che l’’obiettivo generale della direttiva europea
2008/98/CE è quella di costruire la società del riciclaggio e di conseguenza
colloca la discarica all’ultimo posto nella scala gerarchica.
4)
Alti costi di gestione: la media regionale toscana dei costi procapite
di gestione del servizio nel 2011 è
stata di € 195,33, la media dei costi delle regioni del nord è di € 144,36,
quello medio nelle regioni del sud è di € 142,61. Il costo medio di gestione in
Italia è di € 147,43.
5) Scarsa democrazia e trasparenza, inosservanza
delle Leggi: un processo democratico presuppone un percorso
di ascolto e di confronto reale con i cittadini e non finto. La finzione ha
caratterizzato tutto il processo di costruzione dei piani interprovinciali,
praticamente la logica praticata è stata: dite e scrivete pure ciò che vi pare
tanto noi poi facciamo quello che già abbiamo deciso. Non si cambia niente. Se la volontà politica è quella di non
cambiare niente e se si ritengono immodificabili gli attuali Piani
interprovinciali così come sono stati proposti o approvati con la loro previsione impiantistica calcolata su
previsioni di produzione esagerate, allora il Piano regionale proposto è
completamente inutile. E’ tempo perso. Non funziona così un percorso
democratico. Direttive europee e Leggi in materia di rifiuti in questo paese
sono da anni un optional, restano nei cassetti
e spesso servono solo per essere sventolate, nel momento
dell’approvazione, sotto il naso degli ecologisti per dimostrare la loro buona
volontà. Se mi mettessi a fare l’elenco delle infrazioni europee e delle leggi
regionali e nazionali che abbiamo disatteso in materia di gestione dei rifiuti,
sforerei i tempi del mio intervento.
Domanda provocatoria: chi decide in Toscana sugli indirizzi strategici nella gestione integrata dei rifiuti, la politica e le istituzioni democraticamente elette o, tanto per intenderci, la CISPEL e il suo sistema di potere che ovviamente conta su di una rete di interessi diffusa ed estesa e sul consenso e collaborazione di tanti sindaci e amministratori? Ci troviamo di fronte e tre Piani interprovinciali fotocopia, tutti e tre hanno in comune previsioni di crescita della produzione dei rifiuti esagerate tanto per giustificare la necessità di investire centinaia di milioni di euro in nuovi inceneritori.
Quello della gestione dei rifiuti sembra un mondo alla rovescia
Che relazione ci può essere
tra il Piano regionale che dovrebbe dare gli indirizzi strategici e per esempio
il Piano interprovinciale nell’ATO Toscana Centro già approvato che prevede la
quintuplicazione delle quantità di rifiuti da inviare agli inceneritori da
60.000 ton a 270.000 ton e che il Piano di Ambito ha leggermente ridimensionato
di appena 50.000 ton? Questo Piano è semplicemente impresentabile ma su
questo piano, molto prima che fosse approvato nei Consigli provinciali, furono
avviate le procedure per l’affidamento
della progettazione dell’impianto di incenerimento di Casa Passerini.
In pratica è stato affidato
l’esecuzione del progetto prima ancora che venisse approvato il Piano che lo
prevedeva. E’ chiaro che, in queste condizioni,
il percorso di confronto con la popolazione diventa pura finzione perché
i giochi sono già stati tutti fatti. E se la politica, con un colpo di reni o
un sussulto di orgoglio, avesse
cancellato l’impianto di incenerimento di Casa Passerini? Cosa sarebbe
successo? Impossibile!!! Il sistema era sicuro dell’esito finale era tutto
scontato.
E che dire dell’ATO Costa? Le quattro attuali province dell’area vasta
dell’Ato Toscana Costa non sono ancora riuscite ad adottare un Piano
interprovinciale condiviso, dopo tante versioni e modifiche ancora non si è
trovato un accordo per discuterlo nei Consigli provinciali. Non c’è ancora un
Piano interprovinciale di gestione dei rifiuti, ma con un evidente forzatura e strappo alle regole, decidono, anche qui, di procedere all’avvio della procedura di
affidamento addirittura sulla base del Piano straordinario approvato dalla
Regione nel 2009 e che è la sommatoria dei vecchi piani provinciali fine anni
’90 cioè risalenti alla preistoria culturale e politica della gestione dei
rifiuti, ignorando completamente i
profondi cambiamenti intervenuti soprattutto nell’ultimo decennio e le buone
pratiche virtuose attivate in diversi comuni toscani che hanno dimostrato che
un altro sistema di gestione dei rifiuti moderno e innovativo è possibile e
realizzabile in tempi brevi.
Il Piano presentato propone
tre diversi scenari di dinamica di crescita dove nel migliore ancora si prevede
al 2020 una produzione procapite annua di rifiuti di circa 600 Kg e addirittura
il peggiore di 667%. E’ accettabile
dimensionare il proprio fabbisogno impiantistico su questa previsione nel 2020
?? In diversi comuni nella provincia di Firenze e Pistoia, si viaggia con percentuali di RD che superano
il 90%, nel circondario empolese-
Valdelsa, grazie al sistema di raccolta porta a porta sono riusciti a conferire
in discarica nel 2012 solo 75 kg/ab/anno. Noi capannoresi lo sosteniamo da
anni, che la messa a sistema della raccolta domiciliare integrale porta con se
una consistente diminuzione di rifiuti che secondo anche l’esperienza di
Publiambiente, ma anche la nostra, è
attorno al 30% con una riduzione dell’80% dei rifiuti indifferenziati. Che
senso ha inserire nel piano, e solo nello scenario migliore, una riduzione di
appena il 10%?
Sul gestore unico di area vasta
Costituire un
gestore unico dell’intero ciclo integrato per ogni area vasta con la veste
giuridica di una spa mista, oltre ad essere incoerente con l’esito
referendario, è destinato a infrangersi contro una complessità di situazioni
territoriali profondamente diversificate
tra i 287 comuni che costituisco le tre aree vaste su cui si è
ristrutturato il sistema. Ci sono aziende miste con il privato scelto con
affidamento diretto e altre in cui i soci privati sono stati selezionati
attraverso bandi, società con livelli di indebitamento esorbitante, alcune
sull’orlo del fallimento, Comuni con tariffe basse a altri con tariffe alle
stelle, servizi scadenti e comuni
virtuosi, comuni all’80% di RD e altri al di sotto del 20%; pretendere di
mettere insieme magicamente tutte queste differenze per creare un sistema più
efficiente è un’illusione. C’è poi la delicata partita della liquidazione del partner privato nelle
diverse società miste, la partita dei debiti accumulati dalle diverse società,
attraverso meccanismi compensativi/correttivi applicati territorialmente come
quota aggiuntiva sulla Tassa o tariffa rifiuti fino alla copertura di tutti gli
oneri pregressi, c’è la partita, ancora più sensibile, della messa a disposizione degli impianti esistenti a tre gestori unici
di ATO da parte dei comuni dietro corresponsione di un canone annuo pari al costo di
ammortamento. C’è poi una situazione del tutto anomala, in cui per oltre un
decennio, avremo un gestore unico sulla carta che gestirà il servizio in tutto
l’area vasta ma non per tutti perché diversi comuni, tra cui alcuni capoluoghi
di provincia, continueranno a gestirsi i propri rifiuti con le attuali società
perché in regime di salvaguardia.
Sarebbe stato
molto più realistico e gestibile ipotizzare un percorso meno rigido e graduale
di aggregazione delle diverse società di gestione per portare un po’ di
razionalità in questo sistema aziendale frantumato in una miriade di società di
gestione spesso poco efficienti, un
percorso di transizione incentivato dalla Regione per promuovere aggregazioni
aziendali perlomeno a livello provinciale, mantenendo distinti due livelli
organizzativi e gestionali: uno articolato a rete per aree geografiche omogenee
per la gestione dei servizi di raccolta, spazzamento e servizi ambientali e l’altro per gestire un moderno ed efficiente sistema impiantistico integrato di
area vasta gestito da un’azienda speciale che io credo debba essere, per
coerenza con l’esito referendario, di diritto pubblico.
E’ condivisibile
invece, la dimensione dell’area vasta, per un moderno sistema impiantistico,
con impianti che per caratteristiche,
dimensioni, costi realizzativi e gestionali non possono essere pensati a
livello di piccole aree geografiche. Impianti di trattamento biologico a
freddo, di separazione e di valorizzazione delle diverse tipologie di
materiali, impianti moderni di digestione anaerobica con postcompostaggio per
la valorizzazione energetica ed agricola della frazione organica, impiantistica
minore per trattamento e trasformazione di diverse frazioni dei rifiuti
separati.
Un sistema impiantistico di area vasta con una tariffa
unica di conferimento ma non una tariffa unica per l’intero ciclo integrato
compresa la raccolta e lo spazzamento perché, in un contesto regionale con
standard qualitativi dei servizi ambientali estremamente differenziati, questo
penalizzerebbe duramente tutte quelle realtà territoriali che hanno attivato
forme virtuose di raccolta e gestione dei rifiuti e che praticano tariffe
inferiori. La tariffa unica sarà forse
possibile quando sarà generalizzato, a livello regionale, il nuovo sistema di
gestione ma dovrà essere una tariffa
puntuale per tutti, calcolata sulle reali quantità di rifiuti conferiti,
per premiare il cittadino responsabile che produce meno rifiuti.
C’è bisogno di un cambiamento culturale
Noi crediamo che un approccio moderno alla questione della gestione dei rifiuti non può solo limitarsi alla ricerca della migliore soluzione tecnico organizzativa di raccolta e alla scelta delle diverse tecnologie impiantistiche di trattamento e smaltimento disponibili, questo è un approccio vecchio di stampo conservatore. L’enorme montagna dei rifiuti prodotti dalle innumerevoli attività umane ci dice chi siamo, come viviamo, cosa e come consumiamo, per questo non possiamo più rimanere prigionieri di un approccio tecnicistico e settoriale, dobbiamo affrontare la questione ribaltando radicalmente l’attuale impostazione dominante. Cambiare il sistema di gestione dei rifiuti è sicuramente necessario e urgente ma non sufficiente c’è bisogno di attivare un percorso che sta dentro una strategia politico culturale complessiva “verso rifiuti zero” che oltre a rivoluzionare la modalità della raccolta dei rifiuti, prova a modificare questo nostro insostenibile modello di sviluppo e di consumo, il modo di progettare, di produrre, distribuire e commercializzare beni e prodotti, prova a rimettere in discussione e a modificare radicalmente i nostri stili di vita e comportamenti individuali e sociali consolidati, apre processi culturali e percorsi di acquisizione di consapevolezza essenziali per ricreare senso di responsabilità civica, autonomia culturale, per liberarci dalla moderna schiavitù del consumo e dalla inciviltà dell’usa e getta.
Non c’è più tempo da perdere è necessario iniziare subito, il percorso di transizione verso un nuovo sistema, e, lungo questo percorso le tecnologie tradizionali per lo smaltimento (discariche ed
inceneritori) saranno destinate ad
assumere un ruolo secondario e sempre più marginale, fino a raggiungere le condizioni per liberarci dalla necessità di
questa tipologia di impianti, mentre acquisteranno centralità, le buone
pratiche operative, le azioni di
separazione e differenziazione, di recupero e riciclaggio e di
conseguenza crescerà e si consoliderà
un’impiantistica di valorizzazione delle materie prime seconde
recuperate e una adeguata filiera industriale del riciclaggio strettamente
legata e connessa con il mondo scientifico della ricerca e dell’innovazione per
aprire nuove opportunità e possibilità di riciclaggio e di riutilizzo della
materia recuperata.
C’è bisogno di
percorsi culturali per costruire consapevolezza dell’insostenibilità di questo
nostro modello di sviluppo e di consumo, c’è bisogno di ricostruire senso
civico, per contrastare la deresponsabilizzazione insita nell’attuale modello
dominante di gestione dei rifiuti, dell’usa e getta nel sacco nero
indifferenziato, dove si butta tutto.
Per questo è un
errore considerare la raccolta differenziata porta a porta solo come una
tecnica organizzativa di gestione della raccolta dei rifiuti, deve essere molto
di più, deve essere pensata e gestita come
un percorso culturale di partecipazione democratica per
responsabilizzare i cittadini ad un consumo consapevole e a stili di vita più
sobri, per vincere ogni forma di pigrizia culturale ed avere la forza necessaria per modificare
comportamenti e abitudini consolidate.
I grandi passi
avanti compiuti in questi ultimi cinque anni sono dovuti essenzialmente
alla forza contagiosa dell’esempio
virtuoso, nato cresciuto e consolidatosi a partire da realtà territoriali e per
iniziativa di amministratori coraggiosi ed innovativi che hanno saputo indicare
la strada giusta e soprattutto dimostrare a tutti gli scettici e gli
indifferenti che è possibile, si può fare, basta volerlo e basta soprattutto
crederci .
2 commenti:
E' quasi impossibile districarsi nella giungla di piani e contropiani sui rifiuti . BASTA!!!!QUARRATA DEVE INIZIARE A CAMMINARE CON LE PROPRIE GAMBINE, facciamo il punto della situazione della nostra realtà locale, un nostro piano sui rifiuti particolareggiato e dettagliato di gestione a 360° e poi ci confronteremo con chi siede più in alto. Dall'alto tutti vengono ad insegnarci qualcosa , facciamo il percorso inverso , cominciamo dal basso con il consenso di tutti i cittadini sulle cose da fare, questa è la vera partecipazione!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Daniele Manetti (da Facebook)
La regionalizzazione o il federalismo portano anche queste storture. La gestione di certe situazioni (non uso il termine beni comuni) richiede una gestione nazionale...se non europea. I piani di gestione non possono confrontarsi con i limiti territoriali, politico amministrativi regionali. Il divide et impera (o del controllo delegato dei votanti) porta tante storture, anche per i rifiuti. Si dovrebbe passare dalla gestione di raccolta comunale, differenziata, tendente allo zero, ad un riciclo e smaltimento di nazionale/europeo.
No Tares Capalbio (da Facebook)
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