lunedì 23 dicembre 2013

 
 
PISTOIA_ Come ricevuto volentieri pubblichiamo
:
 
di Alessandro Giovannelli *

Ciascuno degli Stati facenti parte del presente Patto si impegna a rispettare ed a garantire a tutti gli individui che si trovino sul suo territorio e siano sottoposti alla sua giurisdizione i diritti riconosciuti nel presente Patto, senza distinzione alcuna, sia essa fondata sulla razza, il colore, il sesso, la lingua, la religione, l’opinione politica o qualsiasi altra opinione, l’origine nazionale o sociale, la condizione economica, la nascita o qualsiasi altra condizione.
Così recita l'Art.2 del “Patto internazionale relativo ai Diritti civili e politici” del 1966. Sempre lo stesso articolo continua affermando che: “Ciascuno degli Stati facenti parte del presente Patto s’impegna a: a) garantire che qualsiasi persona, i cui diritti o libertà riconosciuti dal presente Patto siano stati violati, disponga di effettivi mezzi di ricorso, anche nel caso in cui la violazione sia stata commessa da persone agenti nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali; b) garantire che l’autorità competente, giudiziaria, amministrativa o legislativa, od ogni altra autorità competente ai sensi dell’ordinamento giuridico dello Stato, decida in merito ai diritti del ricorrente, e sviluppare le possibilità di ricorso in sede giudiziaria; c) garantire che le autorità competenti diano esecuzione a qualsiasi pronuncia di accoglimento di tali ricorsi.”
Proprio in questi giorni abbiamo assistito, nella nostra Piazza del Duomo, alla manifestazione di una neo-costituitasi associazione, “La manif pour tous”, che -così scrivono sulla loro pagina Facebook- nascerebbe, in prima battuta, per la difesa della libertà di opinione ed espressione; contro il Disegno di Legge, in discussione al Senato, su “Contrasto all'omofobia e alla transfobia” che -secondo l'opinione dei componenti di questa associazione- metterebbe seriamente in pericolo, per l'appunto, la libertà di espressione.
Tale posizione è, a mio avviso, radicalmente sbagliata, in quanto non solo travisa il significato di “libertà di espressione”, addirittura ne capovolge il senso profondo.

La libertà di espressione -quella vera, quella di un Paese che voglia dirsi civile, quella che non si voglia riferire alla sola possibilità del “dire” ma alla dimensione più ampia e davvero inalienabile dell' “essere”- è enunciata con la necessaria efficacia all'Art.3 della nostra Costituzione.
Per questo motivo ferisce assistere a manifestazioni che, anziché muoversi nel solco del dettato costituzionale, invece di affermare la dignità e l'eguaglianza di tutti, incitano alla discriminazione e promuovono la conservazione di uno stato di fatto che nega l'esistenza di una forma di violenza che sarà possibile debellare solo individuandone le ragioni profonde e che, solo se opportunamente sanzionata, potrà cessare di determinare una condizione di insicurezza.
Non dimentichiamo che il nostro Paese è in posizione imbarazzante nella classifica europea del riconoscimento dei diritti civili LGBT.
E sempre qui da noi la cronaca quotidiana ci racconta di persone -talvolta perfino minorenni (si ricordi il 14enne gettatosi dal terrazzo di casa lo scorso agosto)- le quali, travolte dal peso insostenibile della emarginazione, compiono atti estremi, finanche a togliersi la vita.
La verità -decisamente scomoda- è che nel nostro Paese gli atti di violenza verso gli omosessuali -solamente perché tali- sono, ancora nel 2013, all'ordine del giorno. Stiamo parlando della stessa civilissima Italia che è al secondo posto in Europa per numero di omicidi di persone transessuali.
Il Patto internazionale che richiamavo ad introduzione di questa mia riflessione evidenzia con la necessaria chiarezza come l'assenza di un riferimento ai reati omofobi e transfobi nella legislazione vigente -la Legge Mancino per quanto riguarda l'Italia-, rappresenti un vuoto che deve essere colmato in maniera rapidissima e per il quale rivolgo il mio appello, certo di rappresentare l'opinione di gran parte del Paese, alle nostre Senatrici e ai nostri Senatori affinché il testo venga rapidamente licenziato dalla Commissione Giustizia -e poi definitivamente approvato in Aula senza subire stravolgimenti emendativi che vadano ad inficiarne l'efficacia.
Il mio appello non è rivolto solamente a tutti quei rappresentanti istituzionali che, per la posizione che rivestono, hanno, come si suol dire, la palla in mano. E' rivolto anche alla nostra Pistoia e ai componenti dell'associazione “La manif pour tous”, cui ho fatto riferimento in precedenza, e il cui slogan -“Pistoia dice no al DdL Scalfarotto”- parla di una Pistoia largamente minoritaria, in barba a quel preziosissimo tessuto di civismo fortemente radicato nella nostra comunità -attivo in battaglie sacrosante per la promozione dei Diritti civili e il rispetto della Costituzione- nella forma di associazioni e comitati che, al contrario di questi signori, si impegnano quotidianamente per un Paese più moderno, più giusto. Più libero -sì- ma dai pregiudizi.
Senza dimenticare, poi, la lettera firmata da alcuni esponenti del PdL provinciale che, lo scorso agosto, definirono il Disegno di Legge Scalfarotto un testo con intenzione liberticida (la stessa parola è stata utilizzata in questi giorni dal Senatore Ncd Giovanardi), secondo lo stesso vizio ideologico di cui parlavo poc'anzi. Anche a loro rivolgo il mio appello. Ricordando a tutti che in questa stessa città, il Consiglio comunale ha approvato all'unanimità una mozione di contrasto ad omofobia e transfobia, nella quale, per giunta, si invitano i livelli competenti a produrre una Legge nazionale che ci permetta di fare il necessario passo avanti in nome della civiltà.
In nome di un “no” -chiaro, netto, gridato a gran voce- all'omofobia, alla transfobia e a tutte quelle forme di ingiustizia che tendano a limitare la più importante tra le libertà di espressione: la facoltà di ciascuno di essere se stesso.


* Segretario comunale PD Pistoia
 

Nessun commento: