lunedì 22 aprile 2013

Diario di una tragedia annunciata. L'On. Caterina Bini (Pd) e la complessa vicenda politica nazionale.


PISTOIA-ROMA_  Dopo giorni di silenzio torna a parlare in modo chiaro l'onorevole pistoiese Caterina Bini. Lo fa attraverso una lunga riflessione pubblicata sul proprio blog con il suo "punto di vista" diffuso anche tramite i social network. Mercoledì 24 aprile il neodeputato sarà invece presente all'incontro "L'Italia senza governo: quali prospettive?" organizzato dal Pd di Bottegone alla Casa del Popolo della frazione (inizio ore 21,15).

Sono rientrata da Roma dopo aver trascorso una delle settimane più difficili della mia vita, certamente la più difficile sul piano politico. Come avevo promesso cerco di rappresentare la mia opinione su questa complessa vicenda, consumatasi negli ultimi giorni, ma non solo. Credo infatti che le cose non si possano spiegare, se non si guardano un po’ più da lontano. Per queste ragioni vi chiedo il tempo e la pazienza di leggere questo post in ogni sua parte. Che lo condividiate o meno, soltanto leggendo le mie riflessioni complessivamente potrete farvi un’idea compiuta sul mio punto di vista.

Il 26 Febbraio scorso, dopo aver ascoltato la conferenza stampa di Bersani post voto scrivevo: “Trovo le parole di Bersani insufficienti e poco convincenti. Credo sarebbe stato più dignitoso ammettere con maggior chiarezza la sconfitta e lasciare il passo. Che significa ci confronteremo apertamente con tutti quelli che ci stanno? È chiaro che le proposte di moralità e legalità espresse da Bersani mi convincono, ma prima qualcuno deve dare un voto di fiducia a Bersani anche al Senato. E perché il M5S dovrebbe darci la fiducia dopo quello che hanno detto di noi in campagna elettorale? Ci sono momenti in cui la chiarezza è d’obbligo. Qui non si tratta di abbandonare la nave, ma di dare risposte forti e chiare ad un paese che ne ha un gran bisogno.”

Riparto da qui, perché secondo me la tragedia che si è consumata in questi giorni inizia da questo momento e proverò a spiegarne le ragioni.
Dopo aver scritto queste parole sono stata invasa da decine di mail. Alcune di esse esprimevano consenso al mio punto di vista dicendomi che dovevamo puntare su Renzi, perché solo da quella parte stava il vero cambiamento. Altre esprimevano un forte dissenso, mi accusavano di attaccare Bersani in un momento difficile per lui e per il Pd, di essermi dimenticata di averlo sostenuto alle primarie e di dovere a lui parte importante del mio consenso. Se ho commesso un errore (sono una persona abituata a riflettere sulle cose e a saper riconoscere quando sbaglio) è stato quello, presa dall’impulso del momento e dalla delusione forte, di non aver riflettuto sul fatto che avrei dovuto pronunciare quelle parole (di cui resto convinta), non pubblicamente su facebook, dove è impossibile articolare un ragionamento serio, ma nell’organismo dirigente del mio partito. Detto questo, nessuna delle due interpretazioni alle mie parole era quella corretta. Non era un attacco a Bersani volto a scaricarlo ed a montare sul carro del nuovo possibile vincitore Renzi. Se avessi voluto sostenere Renzi lo avrei fatto mesi fa. Non sono anti renziana, lo conosco da una vita, siamo amici, ma ero fortemente convinta che il paese in questo momento storico avesse bisogno di maggiore esperienza e stabilità.
Il motivo per cui ho scritto quelle parole provo a spiegarlo adesso. Di fronte ad un disastro elettorale come quello del 24-25 Febbraio (perché di questo si è trattato viste le attese) credo ci sarebbe stato bisogno di più coraggio.
Non avevamo i numeri e non li abbiamo, per governare da soli. Credo che il vero governo di cambiamento dovesse passare da scollegare i punti della nostra proposta dalla leadership. Mi spiego meglio. Se Bersani, a fronte del risultato elettorale, avesse preso atto che non c’erano le condizioni per guidare un governo e fosse andato dal Presidente Napolitano portando gli otto punti scollegati dal suo nome, noi non saremmo finiti in questo empasse. Si trattava secondo me di rappresentare al Presidente che la situazione era mutata e che noi, non essendo in grado di formare un governo da soli, avevamo due scenari possibili: tornare subito alle urne (probabilmente la migliore soluzione se non ci fosse la legge elettorale attuale) oppure proporre i nostri otto punti chiarendo che al Presidente spettava la possibilità di fare una proposta di governo, ma che noi avremmo votato la fiducia soltanto ad un esecutivo che avesse avuto nel proprio programma quei punti di reale cambiamento per il paese. Visto che nessuno aveva la possibilità di formare un governo senza i nostri voti, sarebbero stati gli altri a dover venire a cercare noi ed a confrontarsi nel merito delle questioni.

La scelta che è stata fatta invece è stata quella di proporre il governo di cambiamento a guida Bersani. Il dibattito si è spostato quindi, come io temevo, sul tema Si o No a Bersani invece che Si o No ai punti programmatici.
Questo ha creato una serie di equivoci sui quali ci siamo avvolti e che ci hanno portato fin qui.
Il M5S ha detto in modo forte e chiaro che mai avrebbe sostenuto un governo a guida Bersani come era facilmente immaginabile dal loro punto di vista. Credo che avrebbero avuto molte più difficoltà a spiegare perché erano contrari ad un governo impegnato a risolvere il conflitto di interessi o la riduzione dei costi della politica, oltre ai tanti provvedimenti necessari per la nostra economia. Il dibattito però non è mai stato questo. Si è fermato sul Si o No a Bersani. È da qui che secondo me cominciano gli equivoci e i disastri che ci portano fino ad oggi.
Il tema no al governo con il Pdl, sì a quello con il M5S sarebbe stato molto più semplice se si parlava di temi invece che di sigle. Era possibile forse fare un governo con il Pdl se la domanda era: Si o No al conflitto di interessi? Io credo di no, anzi ne sono certa. Invece abbiamo scelto un’altra strada.
Pressati dal nostro elettorato che sosteneva la linea di Bersani e diceva no al governissimo e si al dialogo con i grillini, abbiamo corteggiato per oltre un mese il M5S, facendoci insultare quotidianamente. Grillo ci ha spiegato nell’ordine che Bersani era il morto che parla, che si doveva dimettere, che era attaccato al seggiolone, che eravamo un branco di puttanieri, che il Parlamento andava aperto come una scatola di tonno, che dovevamo arrenderci ed uscire a mani alzate.
Se si fosse parlato solo di punti di merito e non di persone, sarebbe stato molto più in difficoltà a tenere questa posizione. Non so se Bersani lo abbia fatto perché davvero voleva andare al governo a tutti i costi (personalmente non lo credo) oppure per altre ragioni. Sicuramente però le responsabilità non possono essere scaricate tutte addosso a lui, seppure sia il segretario nazionale del Pd.
Credo comunque che la sensazione percepita sia stata quella di un arroccamento su una cosa chiaramente impercorribile e che sia stato un errore. A chi mi ha chiamato dopo la mia presa di posizione ho spiegato che, a differenza di molti altri, pensavo che il nostro elettorato che stava sostenendo Bersani su quella linea e che era fortemente contrario al governo di larghe intese, si sarebbe trovato nei mesi successivi a vedere con chiarezza che quella posizione ci avrebbe portato esattamente dove non volevamo. Speravo di sbagliarmi, ma temo non sia così.
Detto questo secondo me da qui partono tutti gli errori e gli equivoci successivi. È stato un errore imperdonabile secondo me corteggiare per mesi il M5S, disposti a farsi dire qualunque cosa e rinunciando al minimo di dignità che si deve ad un partito come il nostro. È stato un errore fare la Direzione Nazionale in diretta streaming. So di non dire una cosa popolare, ma la penso così.
Pur non essendo parte della Direzione ed avendo quindi apprezzato di potermi vedere il dibattito da casa, credo che se in quella sede avessimo fatto una discussione vera senza il timore di farsi vedere divisi dagli italiani, molti equivoci si sarebbero chiariti prima. L’unanimità sulla proposta del Segretario nazionale era una finta unanimità e lo abbiamo visto chiaramente in questi giorni, in cui le tensioni e i conflitti esistenti sono stati scaricati in una sede non propria.
Venendo agli ultimi giorni, ricordo che abbiamo votato due settimane fa, all’unanimità dei parlamentari, la proposta che ci ha fatto il segretario nazionale Pierluigi Bersani più o meno con queste parole: “Cerchiamo di tenere distinte le questioni del Quirinale e del Governo. Sono due cose separate. Dobbiamo ricordarci di essere fedeli alla nostra Costituzione e di ricercare la massima convergenza possibile sulla figura del Capo dello Stato. Fino a prova contraria, a meno che quindi le altre forze non siano d’accordo su questa linea, mi muoverò in questa direzione. Fino a che non sarà chiusa la vicenda del Quirinale non parleremo del governo. Chiedo quindi un mandato ad esplorare con le altre forze quale può essere la scelta più condivisa anche dagli altri all’interno di proposte che facciano chiaramente parte del centro sinistra. Per intendersi non accetteremo proposte che vengono da altri campi, ma chiaramente dovremo arrivare ad una soluzione che sarà quella più condivisa dagli altri nell’ambito delle nostre proposte”.
Su questa comunicazione del segretario ci siamo espressi all’unanimità in modo favorevole. Considero sacrosanto infatti che per la Presidenza della Repubblica si debba dialogare con tutti. So che molti non la pensano così, ma io ne sono fermamente convinta. Per me era chiaro, dopo quel voto, che Bersani dopo le consultazioni ci avrebbe riportato un nome. Se non si era d’accordo dovevamo non votare quel mandato. Con tutta l’umiltà del caso non ritengo possibile che il segretario nazionale possa discutere di nomi con 500 parlamentari e penso che un gruppo dirigente abbia la responsabilità di dover gestire una fase delicata come questa.
Dopo questo passaggio Bersani ha chiesto un incontro per discutere del Quirinale con tutte le forze presenti in Parlamento. Tutti hanno accettato di dialogare meno il M5S che ha rifiutato l’incontro. Quanti sanno che il M5S non ha voluto incontrare Bersani? Quanti sanno che dopo aver detto per oltre un mese che mai avrebbero votato un governo a guida Pd, Crimi ha dichiarato che forse poi Bersani non era così male, salvo poi essere smentito dopo poco dallo stesso Beppe Grillo ed essere costretto lui stesso a rettificare la sua posizione?
Loro hanno detto pubblicamente: votate Rodotà e poi vedremo sul governo. Lo hanno scritto, ma mai nessuno lo ha detto a Bersani, quando gli stessi parlamentari grillini ci dicevano a chiare lettere: non faremo mai un governo con voi. Questa proposta serve solo a dividervi, ma Grillo è stato molto chiaro nel dire no al vostro governo e noi faremo sempre quello che dice lui. Quanti di quelli, giustamente indignati per la tristezza dello spettacolo che abbiamo dato in questi giorni, che mi scrivevano cosa dovevo fare o contestavano il nostro comportamento avevano chiari questi passaggi? E qui purtroppo emerge un altro dei nostri grandi limiti. Un difetto enorme di comunicazione.
Bersani quindi, dopo aver concluso il giro di consultazioni sul Quirinale con tutti quelli che hanno accettato di dialogare (tutti meno il M5S!) ci ha riunito mercoledì sera per comunicarci che, dopo gli incontri, il nome su cui risultava essere la massima convergenza era quello di Franco Marini. Non si trattava a quel punto secondo me di discutere del nome, gradito o sgradito che fosse. Quella era la conclusione del mandato unanime che tutti avevamo deciso (forse sbagliando?) di dare al segretario, sapendo che ci avrebbe riportato il nome su cui risultava la massima convergenza. Essendomi assunta la responsabilità di votare favorevolmente al mandato del segretario, ho votato la proposta che ne era conseguente. Qualcuno mi ha chiesto in questi giorni: sei una donna coraggiosa, dimmi che sei stata tra quei 90 che hanno votato contro al segretario e contro a Marini. Lo dico con chiarezza: No.
Vorrei discutere sul fatto se sia coraggioso votare contro, contraddicendo nei fatti il voto di due settimane prima, per strappare l’applauso popolare, visto l’alto dissenso del nostro elettorato sulla candidatura di Franco Marini. Sono stata eletta dalle primarie, in molti in questi giorni mi hanno scritto che non mi rivoterebbero, quindi credo che sarebbe stato molto più rassicurante votare contro quella candidatura per farmi dire brava dalle persone (senza peraltro fare alcuna proposta alternativa), garantendomi il voto popolare per le prossime elezioni. Ho fatto un’altra scelta e me ne assumo piena responsabilità.
Penso però che le cose più gravi siano successe da qui in poi. Aldilà di come la si pensasse in quella sede, per me una volta che un decisione è stata assunta a maggioranza, tutti si attestano sulla decisione della maggioranza. Questo vuol dire essere un partito. Questo vuol dire democrazia. Invece si è manifestato un dissenso in quella sede verso una persona senza fare alcuna proposta alternativa. Per chiarirsi: al netto di Niki Vendola, nessuno in quella sede ha proposto Rodotà invece di Marini. Quello era semplicemente un no a Marini e alla proposta del segretario.
Vedere il giorno dopo tanti dichiarare voti diversi, nonostante la decisione assunta a maggioranza, è stata una grande amarezza e il primo duro colpo al Pd e a Bersani. Non è che può essere giusto, moderno e democratico che nel M5S si decide a maggioranza e tutti poi si attengono alla decisione presa e in casa nostra è giusto, moderno e democratico fare esattamente l’opposto. Quando in Consiglio Regionale della Toscana è stato scelto Monaci al posto di Renzi dalla maggioranza del gruppo consiliare, scelta che non ho personalmente condiviso, ma che non sto a spiegare in questa sede, tutti i componenti del gruppo si sono attenuti alla decisione della maggioranza. Avrei voluto vedere lo stesso comportamento in questa occasione. Sono una che pensa che il dissenso o la libertà di coscienza non si possano esercitare sul capo dello Stato. Si esercitano su altri temi e non solo su quelli eticamente sensibili, sui quali in verità credo che saremo un partito quando riusciremo a trovare una sintesi. Io sono pronta a fare battaglie anche personali sui provvedimenti sull’economia, sulla cassa integrazione in deroga o su altro, esattamente come ho fatto in regione mettendomi contro la giunta su provvedimenti che riguardavano da vicino e fino in fondo la vita reale delle persone.
Gli errori secondo me sono stati nella gestione di questa vicenda non il nome, come qualcuno anzi molti pensano, perché il nome era collegato ad un percorso politico condiviso. Io mi chiedo come sia possibile gestire una fase di questa delicatezza avendo chiaro l’atteggiamento che avrebbero avuto Renzi e gli eletti renziani senza un minimo di comunicazione con il territorio. Perché era chiaro l’atteggiamento che avrebbe avuto Renzi? Perché pochi giorni prima in un’intervista, conoscendo i nomi dei papabili sui cui era possibile trovare una convergenza, aveva deciso di silurarne due, con un comportamento irresponsabile dal mio punto di vista. Vanno bene le divergenze interne e le ambizioni personali, ma quando l’ambizione supera ogni altra cosa e più l’offesa pubblica è eclatante e più aumenta la popolarità secondo me si sta sbagliando strada e lo dice una che pensa che Renzi abbia tante qualità, ma che a volte, soprattutto in fasi delicate come queste, superi i limiti.
Secondo me Bersani, che doveva avere chiara questa situazione, doveva spiegare al territorio, più che ai singoli parlamentari, cosa stava facendo. Credete sia possibile arrivare ad un’assemblea come quella, che da giorni si annunciava infuocata, senza aver contattato un po’ di segretari ed un po’ di amministratori chiedendo di aiutarlo a portare avanti la sua proposta? È forse possibile che mentre il segretario parlava arrivassero ai singoli parlamentari sms dal territorio con velate minacce di non ripresentarsi alle primarie se si votava quella linea? Io credo di no e credo sia stata una bruttissima gestione della vicenda e della serata.
Dopo il voto del giorno successivo su Marini e dopo aver dato un pessimo spettacolo all’Italia, il venerdì mattina veniamo riconvocati. Bersani nella sua introduzione è molto duro. Dice che abbiamo dato una pessima prova di noi stessi, che lui non smentisce nulla del percorso fatto, ma chiaramente, visto il disastro che si è consumato, lo scenario cambia. Dobbiamo trovare un nome che riunisca attorno a sé il partito e la coalizione. Quel nome è Romano Prodi. Dopo la richiesta di massima responsabilità chiede all’assemblea di decidere le modalità della votazione. La proposta passa all’unanimità.
Uno solo di quei 101 traditori (non ho altri aggettivi per qualificarli) poteva chiedere una diversa modalità di voto. Qualcuno poteva esprimere il suo dissenso in quella sede. Si è scelta la strada della vigliaccheria e della massima irresponsabilità e dopo aver affondato Marini e il Pd si è scelto di massacrare non solo Romano Prodi, ma il padre fondatore dell’ulivo.
Quella serata è stata la più difficile. Per chi come me ama la politica, per chi come me ha rispetto delle opinioni delle persone, ma crede anche, sulle grandi scelte, in un minimo di disciplina di partito, per chi come me ha cominciato a far politica con i comitati per l’ulivo è stata una tragedia terribile.
Quel giorno si è scelto di fare un congresso di partito in una sede istituzionale, di dare un segnale a Bersani sulla pelle di Prodi e del paese. Uno spettacolo indecente. Così come indecente è stato vedere quei voti a Rocco Siffredi, a Valeria Marini, al Conte Mascetti. Non si può chiedere rispetto per la politica e le istituzioni se i primi a non averlo siamo noi stessi.
Il giorno successivo, dopo le dimissioni di Bersani e il brutto spettacolo dell’ovazione al suo attacco contro i traditori (uno su quattro di noi ha tradito, ci voleva almeno la decenza di non applaudire tutti alle parole di Bersani, così come ci voleva la decenza di non applaudire tutti alla candidatura di Romano Prodi il giorno precedente), dovevamo decidere la strada da intraprendere. Una cosa risultava chiara ed evidente: noi non eravamo più in grado di garantire la candidatura di nessuno.
Bersani non poteva cercare qualcun altro e chiedergli/le di mettersi a disposizione per candidarsi alla Presidenza della Repubblica. Nessuno avrebbe accettato di farsi bruciare dopo i due illustri precedenti. Avevamo due strade. Convergere sulla figura di Rodotà, proposta e votata dal M5S e sostenuta da Sel, oppure trovare una figura di garanzia istituzionale con la quale recuperare un rapporto con le altre forze in Parlamento, dopo averlo interrotto sulla candidatura di Romano Prodi.
Molti in questi giorni mi hanno chiesto: perché non Rodotà? Avevo detto a tutti che avrei risposto e non ho intenzione di sfuggire alla domanda.
Per quanto mi riguarda ci sono due ragioni di fondo, ma prima una premessa. Rodotà è persona stimabilissima che, in condizioni diverse, poteva rappresentare un’ottima proposta per il paese.
In condizioni diverse perché quella candidatura spaccava comunque il Pd ed era stato ampiamente dimostrato che questo poteva essere sufficiente a bruciare anche la sua candidatura. Spaccava il Pd non sul nome, ma sul metodo politico. Quello che è apparso un confronto sui nomi in verità nasconde, anche internamente al nostro partito, due linee politiche distinte. Chi crede che per la presidenza della repubblica si debba dialogare con tutti, chi crede invece che non sia così. C’è però un’altra ragione fondamentale, la più importante. Una figura di alto profilo come Rodotà non doveva secondo me prestarsi ad essere candidato dal M5S. Qualcuno dice: è solo un peccato di orgoglio, non votate Rodotà perché è il candidato del M5S. Non è questo il punto. Secondo me un giurista come Rodotà non può, dopo essere stato scelto dalle Quirinarie, dopo essere arrivato terzo, dopo che i primi due hanno rifiutato, accettare una candidatura in quelle condizioni. Secondo me avrebbe dovuto contattare Bersani chiedendo qual era la sua opinione sul tema prima di accettare. Non per orgoglio, ma per senso delle Istituzioni, nel momento in cui si rende oggetto non di Grillo, ma di chi dice che ci dobbiamo arrendere o che aprirà il Parlamento come una scatola di tonno o che ogni giorno calpesta la democrazia e i valori della Repubblica, non può più essere il mio presidente. Quello che mi spiace, essendo persona che stimo, che una persona del suo livello si sia reso disponibile a questa cosa. Questa è la ragione semplice. Nessun orgoglio, niente contro Rodotà, ma non sarebbe passato e ci saremmo nuovamente spaccati e non potevamo votare chiunque si candida rappresentando chi fa la marcia su Roma gridando al golpe e attaccando le Istituzioni.
È chiaro che anche su questo ci possano essere opinioni diverse. Io penso che la politica si cambi dall’interno, con impegno e dedizione e rispetto per le istituzioni e non con i vaffa day e giudico le aggressioni verbali degli ultimi giorni un pericolo serio per la democrazia. Se il linguaggio continua ad essere questo, che ricorda altri periodi della nostra storia, io non potrò mai stare da questa parte.
Certamente, al contrario di quello che si possa pensare, non ho fatto nessuna scelta in questi giorni per interesse personale, per ingraziarmi il popolo o per strappare un applauso. Ho agito in coscienza cercando di dare una mano al mio partito in evidente difficoltà e nell’esclusivo interesse del paese secondo quello che penso.
Purtroppo il partito ne esce dilaniato e devastato e come dicevo secondo me le responsabilità vengono da un po’ più lontano degli ultimi due giorni. Non siamo riusciti a comunicare con chiarezza perché il governo con il M5S non era più nelle cose, abbiamo rinviato un necessario dibattito interno, abbiamo dato uno spettacolo devastante. La coalizione mi ha molto deluso. Nel programma di Italia Bene Comune era presente una clausola chiara, volta ad evitare le divisioni dei precedenti governi Prodi. Nel caso in cui non ci sia unanimità all’interno della coalizione si vota a maggioranza e tutti si attengono alla decisione della stessa. Ci siamo infranti al primo scoglio. Un’altra delusione per chi come me ci aveva creduto.
Qualcuno mi dice che Berlusconi si è rafforzato in questi giorni. Diciamo che chiunque si è rafforzato rispetto a noi, però voglio farvi un’ultima banale riflessione. Immaginate a parti invertite quello che è avvenuto. Se il centro destra avesse preso 100000 voti più di noi (esattamente il margine con cui abbiamo vinto noi) avrebbe potuto eleggere un presidente proveniente dalla sua parte politica. Mettiamo che avessero fatto esattamente il nostro stesso percorso e ci avessero presentato una rosa di nomi dalla quale scegliere e che, dopo avere scelto, noi avessimo votato compattamente il loro nome, ma non fosse passato per le loro divisioni interne. Mettiamo anche che il giorno dopo ci avessero detto che, complici le proprie divisioni, avevano bisogno di trovare un nome che li unisse e che l’unico in grado di farlo era Berlusconi. Il giorno dopo nelle piazze il nostro popolo e noi stessi avremmo manifestato gridando all’attacco alla democrazia e chiedendo un presidente condiviso. Mettiamo anche che avessero “impallinato” anche Berlusconi e che il giorno successivo ci avessero chiesto nuovamente di votare un loro nome. Credete che noi lo avremmo fatto? Detto questo so che Berlusconi non lo ha fatto perché è uno statista, ma per tattica politica. Resta il fatto che a volte pensare le cose a parti invertite può servire a capire meglio.
Voglio ringraziare il Presidente Napolitano. Accettare per lui non deve essere stata cosa semplice. Non era la soluzione che avrei preferito, ma è persona che stimo e rispetto e lo ringrazio per la responsabilità dimostrata in questo momento difficile. Ora dobbiamo proseguire per una strada difficile con le macerie del partito e del paese. Il mio contributo, piccolo o grande, sarà sempre in questa direzione.
Un’ultima considerazione però. Perché nessuno di coloro che in questi giorni hanno giustamente riversato la loro rabbia nei nostri confronti non è sceso in piazza quando il M5S non ha votato Boldrini e Grasso? Rappresentavano il vecchio anche loro? Rappresentavano anche loro l’inciucio? Napolitano è una gran persona, un ex Pci, un uomo di stato e francamente tutto questo livore nei suoi confronti mi amareggia. Abbiamo alimentato anche noi un clima che non è proprio della democrazia, si confonde l’avversario politico con il nemico giurato, si accarezza il pelo al populismo più violento e queste sono le conseguenze. Pur avendolo attaccato in tempi non sospetti e confermando oggi quelle parole e quelle argomentazioni, devo dire che aveva ragione Bersani ieri quando ci ha detto: spengete il telefono, guardate meno facebook, ricordate che siete persone che devono rappresentare lo stato con responsabilità. Non dimenticatelo mai. Credo sia davvero così. Tanti elettori chiedevano una cosa e noi non l’abbiamo fatta.
A volte dovremmo chiederci perché chiedevano una cosa che dal punto di vista di chi ha visto le cose dall’interno non era percorribile.
La ragione per me è che non abbiamo saputo comunicare bene quello che stava avvenendo facendo errori enormi. Se però si è convinti delle proprie ragioni si prova a spiegarle, anche quando è impopolare. Non sempre si possono fare le scelte per popolarità. Io la penso così. E che nessuno mi dica che mi devo arrendere. Posso fare il parlamentare o meno ma non mi arrendo e combatto per quello che ritengo giusto.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Di fronte a delle tragedie taciute come gli svariati suicidi e di fronte a persone che a mala pena arrivano a metà mese con il loro misero stipendio per chi ce l'ha ai vostri giochini maniaci da politici non si risponde con le carezze ma con la durezza anche delle parole, quindi l'ARRENDETEVI è anche un qualcosa di moderato. Gli unici ad uscire dal parlamento dopo l'elezioni di Napolitano dalla porta principale di fronte ai cittadini sono stati quelli del M5S, quindi avete poco da contestare ma vi dovete sparire dal paese restituendo prima di tutto il mal tolto. Si ricordi le parole dell'unico Presidente di tutti Sandro Pertini: "Quando un governo non fa quello che il popolo chiede è giusto che venga mandato via anche con mazze e pietre". Se ci fosse lui sareste già cancellati dalle nostre memorie.

Anonimo ha detto...

Di fronte a delle tragedie taciute come gli svariati suicidi e di fronte a persone che a mala pena arrivano a metà mese con il loro misero stipendio per chi ce l'ha ai vostri giochini maniaci da politici non si risponde con le carezze ma con la durezza anche delle parole, quindi l'ARRENDETEVI è anche un qualcosa di moderato. Gli unici ad uscire dal parlamento dopo l'elezioni di Napolitano dalla porta principale di fronte ai cittadini sono stati quelli del M5S, quindi avete poco da contestare ma vi dovete sparire dal paese restituendo prima di tutto il mal tolto. Si ricordi le parole dell'unico Presidente di tutti Sandro Pertini: "Quando un governo non fa quello che il popolo chiede è giusto che venga mandato via anche con mazze e pietre". Se ci fosse lui sareste già cancellati dalle nostre memorie.

Davide Rizzo ha detto...

Il commento precedente è mio, mi è partito l'anonimo.

Anonimo ha detto...

On. Bini, l’ho fatto! Ho letto tutta la sua lettera aperta e quindi mi sono fatto una opinione più chiara sul suo pensiero e sull’operato ultimo e di quello del partito. La mia considerazione finale è stata: C.V.D. che in termini accademici significa Come Volevasi Dimostrare!
Premetto che sono un cittadino molto deluso dalla politica ma anche molto critico, aperto cioè alle prospettive non semplicemente propositive ma purchè costruttive e coerenti. Non ho mai votato PD e suoi precedenti e lo stesso dicasi per PDL, ma di questo non mi vanto anche se dalle ultime vicende posso soltanto amaramente dire di aver avuto ragione della mia diffidenza. Ma venendo all’argomento e tralasciando per ovvi motivi di sede la mia opinione su PDL, quello che ha confermato il mio modesto pensiero sono stati semplicemente due piccoli passaggi in tutto il suo discorso: quello dove parlando di Bersani e la formazione del governo con il “corteggiare per mesi il M5S”, e l’atro passaggio dove si dice “ Nessun orgoglio, niente contro Rodotà, ma non sarebbe passato e ci saremmo nuovamente spaccati e non potevamo votare chiunque si candida rappresentando chi fa la marcia su Roma gridando al golpe e attaccando le Istituzioni. ” In altre parole quando si tratta di un proprio tornaconto, vedi governo a nome Bersani, cerco accordi anche con M5S, ma quando per il Presidente della Repubblica si pone davanti solo l’interesse per il paese, a quel punto scatta l’orgoglio, perché anche se lo nega di questo si tratta, di rifiutare qualsiasi candidatura venga proposta da quella parte politica: “Rodotà è persona stimabilissima che, in condizioni diverse, poteva rappresentare un’ottima proposta per il paese. ” proprio perché “Spaccava il Pd non sul nome, ma sul metodo politico. ”
Non sta a me suggerire accordi con nessuno, che sia M5S, PDL, o chi altro, ma questo ai miei occhi (e non solo ai miei) ha dimostrato ancora una volta come il PD, anche in situazioni gravi come questa, ostenti la propria chiusura a obbiettivi diversi e magari più alti che non siano i propri vantaggi politici (…).
Tralasciando l’argomento Coerenza perché estinto in ambito politico, con tutto questo mi sa dire dov’è la volontà di costruire in modo “responsabile” per il futuro del paese? Agli italiani viene chiesto di tirare la cinghia, tapparsi il naso, chiudere un occhio ecc. A quando i politici?
Mi spiace (per noi cittadini) ma il suo distinguo ha solo il pregio (o difetto) di non lavare i panni sporchi in famiglia, ma per quanto riguarda il suo operato pur meritevole che sia, assumerebbe un aspetto virtuoso se lo rivolgesse, il suo distinguo, alla direzione del suo Partito che tanto NON ha fatto negli ultimi venti anni.
Con stima
Lorenzo baldi

Anonimo ha detto...

anche io ho letto la lettera, sono delusa ,amareggiata schifata,incaz.....ho capito quanto lontani possono essere tutti questi papponi ,della poverta che ci attanaglia giorno dopo giorno. provassero loro a campare con 1000 euro al mese. gli italiani avevano espresso con le ultime elezioni la speranza di un cambiamento ma ancora una volta non ci hanno ascoltato , sono talmentante accecati dal potere e dal difendere i loro privilegi che non sanno piu che cosa sia la politica.

Rita Fantechi (da Facebook)